Arresti per mafia, pizzo e pestaggi | Nei guai i titolari del 'Bucatino' - Live Sicilia

Arresti per mafia, pizzo e pestaggi | Nei guai i titolari del ‘Bucatino’

di RICCARDO LO VERSO Una storia di pizzo e pestaggi a Palermo. Sette persone in manette. Coinvolti Giovanni e Maurizio De Santis, padre e figlio, titolari del ristorante 'Il Bucatino' di via Principe di Villafranca. Uno dei locali più noti e frequentati del centro città.

Il blitz antimafia
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PALERMO-  È una storia di pizzo, pestaggi e regolamenti di conti. Con l’aggravante, dicono gli investigatori, di avere agito con metodo mafioso. I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo arrestano sette persone. Fra di loro ci sono Giovanni e Maurizio De Santis, padre e figlio, titolari del ristorante ‘Il Bucatino’ di via Principe di Villafranca (nella foto). Uno dei locali più noti e frequentati del centro città. Erano già finiti sotto inchiesta per una brutta storia di violenza. Oggi si scoprirebbe cosa c’era dietro la vicenda esplosa nel gennaio scorso.

Ecco la ricostruzione dei militari, coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco. Sono gli stessi magistrati che indagano sul mandamento mafioso di Porta Nuova. Perché è nel contesto mafioso che affonda le radici l’inchiesta sfociata oggi nella misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito.

Nel maggio del 2012, Tiziana carla Binaghi e Aurelio D’Amico, titolari della “2D Logistica srl”, un’impresa di trasporti di Termini Imerese, subiscono il furto di un rimorchio carico di elettrodomestici. Bottino: 168.000 euro. Dal mezzo pesante è sparito pure il sistema satellitare. Una mancanza che fa venire meno la copertura assicurativa. I due imprenditori piombano nello sconforto. Una sera sono seduti al tavolo del Bucatino, un locale che frequentano abitualmente. E si confidano con i titolari. A quel punto Maurizio De Santis si candida per risolvere la faccenda. A modo suo. Vantando una sua affiliazione alla famiglia mafiosa di Palermo Centro, si dice pronto al recupero della refurtiva. Chiedendo, però, per evitare guai in futuro, il pagamento di 15.000 euro a Natale e 1.500 euro al mese a partire da gennaio 2013. Per i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo si tratterebbe di un’estorsione in piena regola. Anche perché De Santis avrebbe speso il nome di un’altra persona a lui vicina. Non l’ultimo arrivato di Cosa nostra, ma l’allora reggente del mandamento di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio.

Gli imprenditori accettano la proposta. E pagano i 15 mila euro in tre rate. Non solo, hanno pure il sospetto che dietro il furto ci sia la mano di due dipendenti. Ed è su di loro che si concentra l’attenzione. I De Santis, padre e figlio, in compagnia di altre due persone, si presentano nella sede della ditta. Si sarebbe trattato di una spedizione punitiva in piena regola. I due dipendenti raccontano di essere stati chiusi in una stanza, minacciati e picchiati. Gli avrebbero pure stretto un laccio attorno al collo, facendo intendere di essere pronti a strangolarli. Per la storia del pestaggio i De Santis, nel dicembre 2012, finiscono in cella assieme agli stessi titolari dell’impresa. Dopo la loro scarcerazione sarebbe iniziata la seconda fase della storia. I titolari del Bucatino, assieme a Rita Salerno (moglie di Maurizio De Santis ndr) avrebbero iniziato a fare pressioni sugli imprenditori. Pretendevano 200 mila euro per il carcere patito. E così nel febbraio 2013 i due imprenditori ricevono la visita della Salerno nella loro abitazione bagherese, dove si trovavano ai domiciliari. La donna li accusa. Li appella con il dispregiativo “sbirri”. Sono state le loro dichiarazioni a fare arrestare i De Santis. Li minaccia di morte perché li ritiene responsabili dei guai giudiziari del marito e del figlio. Marito e figlio che qualche mese dopo, siamo a giugno, bloccano i due imprenditori nei pressi di piazza Unità di Italia. Entro una settimana vogliono i 200 mila euro. Le vittime accettano di pagare, ma chiedono una dilazione. Sono pronti a versare subito 7 mila euro. A luglio vengono convocati in un bar di Bagheria alla presenza, oltre che dei De Santis, di Pietro Flamia e di una decina di picciotti. Ed è lì che Giovanni De Santis, aprendo il giubbotto, avrebbe mostrato di possedere una pistola. Agli imprenditori viene pure rubata una macchina. Sono sconvolti e decidono di lasciare la Sicilia per un po’. A settembre rientrano e ricevono la visita di Umberto Centineo. Quest’ultimo è il padre di Francesco Centineo, finito in carcere nell’operazione antimafia Argo. E proprio dal carcere, dice, sarebbe arrivato l’ordine del figlio di mettere le cose a posto. A una condizione: assumere Centineo padre e un altro figlio come autisti. Cosa che sarebbe realmente accaduta.

Non finisce qua. Qualche giorno dopo l’assunzione, Centineo rinnova la richiesta di denaro: i De Santis pretendono 32 mila euro. Gli imprenditori si ribellano e si dicono pronti a denunciare tutto. A quel punto Centineo li convince a seguirlo nella sede di un’impresa di pulizie di Corso dei Mille. Dove ad attenderli trovano Francesco Licandri. Anche da lui arrivano minacce di morte. Gli imprenditori a quel punto svendono un camion e consegnano 30 mila euro. Troppo pochi secondo Licandri. Le due vittime capiscono allora di non avere altra strada che la denuncia. Oggi il blitz.


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