Biagio Conte, il lungo addio nelle lacrime di Palermo FOTO

Biagio Conte, il lungo addio nelle lacrime di Palermo FOTO

Ieri la processione, oggi i funerali. Il racconto.

L’uomo che camminava e attraversava il mondo, con il suo saio e i suoi sandali di pellegrino, stavolta è portato in braccio da Palermo, in una delle tappe della sua destinazione finale. La città lo ha preso in via Decollati, dalla chiesa-camera ardente a pochi metri dalla stanza-infermeria che ha accolto pietosamente la sua sofferenza. Lo ha sollevato, cantando e pregando. E lo ha cullato, in una sera di lunedì, nel cuore della Cattedrale, qui dove, martedì mattina, saranno celebrati i funerali. E’ un lungo addio quello che circonda la figura di Biagio Conte e che riguarda il suo corpo, adagiato in una semplice bara disadorna. Ma la vibrazione di quegli occhi azzurro-cielo resterà.

C’è tutta Palermo, in questa processione che sembra il Festino fuori stagione, con annesse strategie di sopravvivenza, perché la strada non è corta. Qualcuno ha portato la più classica delle sedioline pieghevoli. Qualcuno ha condiviso il percorso fin dall’inizio, altri si sono fatti trovare nel mezzo, aggiungendosi alla stazione, ai Quattro Canti, sul Cassaro, ognuno secondo le proprie forze. C’è chi segue il corteo e offre ai parenti rimasti a casa la diretta Facebook: “Ecco, siamo in corso Vittorio, stiamo arrivando a destinazione…”. C’è chi sa che la morte è sopravvenuta, ma non gli importa: “Stasera portiamo Biagio a prendere il fresco al centro, gli piacerà”. C’è chi è qui, davvero, come per onorare la Santuzza e pazienza se non ci sono i babbaluci, perché non sarebbe il caso.

Palermo c’è, anche con i luoghi che furono toccati dal passo di Biagio Conte. La stazione centrale: fu qui che il missionario laico cominciò la sua opera, prima di mettere insieme la Missione di via Archirafi. La Cittadella del povero e della speranza di via Decollati, la Missione femminile e le Poste che ricordano ancora quando quel ragazzo borghese convertito alla generosità sostò per tante notti sotto le stelle, non tollerando l’indifferenza. E fu proprio lì, sulla scalinata di via Roma, che si compì la storia di Vicè, uno degli amici di Fratel Biagio, morto in un’altra notte di stelle e di tenerezza, dopo una esistenza di lontananza e di stenti, refrattaria e diffidente verso ogni forma di accoglienza.

“Dolce sentire come nel mio cuore”, cantano ancora, incessantemente, mentre la bara nuda entra in Cattedrale per la veglia di preghiera. L’uomo che, dopo anni di cammino, adesso, è tra le braccia di tutti, viene acclamato come un santo dall’amore popolare. La Santuzza ci liberò dalla peste, Biagio dall’indifferenza. Per questo Palermo ha già deciso che l’abbraccio di un addio durerà per sempre. (Roberto Puglisi)


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