PALERMO – Giro di vite dei carabinieri contro lo sfruttamento del lavoro nero in provincia di Siracusa e, in generale, nella Sicilia orientale. Nell’ambito di un’indagine avviata nel dicembre 2021, i militari hanno eseguito perquisizioni nei confronti di 24 indagati dalla Procura di Siracusa tra cui 8 (due titolari d’azienda e sei “caporali”) ritenuti responsabili, a vario titolo, in concorso tra loro di sfruttamento del lavoro, il cosiddetto caporalato, ai danni di 27 lavoratori in nero, 16 dei quali percepivano indebitamente anche il reddito di cittadinanza e per questo anch’essi indagati.
L’azienda di Francofonte
I carabinieri hanno individuato una società di Francofonte, nel Siracusano, che esternalizzava le proprie attività attraverso sei “caporali” a cui venivano consegnati sacchi contenenti vari oggetti da assemblare (centinaia di pezzi di componentistica in plastica per sistemi di irrigazione) e a cui era demandato il compito di reperire a Francofonte manovalanza a basso costo che effettuasse in nero (a casa) con turni di lavoro massacranti e senza alcun requisito di sicurezza, il grosso del lavoro.
Cento euro mensili per 10 ore al giorno
Nelle abitazioni dei lavoratori in nero sono state trovate attrezzature, pinze, spray di vernice, quaderni e agendine che riportavano scrupolosamente i turni di lavoro giornaliero, anche festivo e notturno, per non meno di 10 ore al giorno, a fronte di una paga mensile tra i 100 e 200 euro al mese, nonché le consegne dei materiali e i movimenti in entrata e in uscita di quei grossi e numerosi sacchi che non potevano passare inosservati agli uomini dell’Arma. Le perquisizioni sono state compiute dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Siracusa, del Comando Provinciale e da altre pattuglie dell’Arma provenienti dalle province di Catania, Messina, Enna e Ragusa e dai nuclei del Lavoro di tutta la Sicilia.