Un lungo elenco di boss liberi| Scarcerazioni e tensioni a Palermo - Live Sicilia

Un lungo elenco di boss liberi| Scarcerazioni e tensioni a Palermo

La copertina del nuovo numero di S

Mensile S. Nuove affiliazioni, summit riservati e pizzo. Paga pure chi aveva denunciato.

PALERMO – Un elenco lungo, lunghissimo di nomi. Sono i boss scarcerati negli ultimi tempi. Scarcerazioni che, come ha scritto in una circolare il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, creano fibrillazioni fra i clan mafiosi.

Il nuovo numero del mensile S in edicola ricostruisce chi e perché ha lasciato il carcere. La recente cronaca giudiziaria ha raccontato la storia di tanti boss che, una volta liberi per fine pena, si sono ripresi il posto che occupavano prima di finire in carcere. Ecco perché le scarcerazioni vengono monitorate con attenzione.

I nomi sono tanti, una trentina. Si tratta di personaggi affiliati a tutti i principali andamenti mafiosi di Palermo, ma anche della provincia. In libertà sono tornati personaggi dai cognomi pesanti: da Calogero Lo Piccolo, uno dei figli di Salvatore (boss di San Lorenzo, ndr) a Vincenzo Di Maio, settantenne mafioso dell’Acquasanta; da Michele Micalizzi, originario di Pallavicino che in carcere c’è rimasto un quarto di secolo, a Giuseppe Dainotti di Porta Nuova che in cella ha rischiato di restarci per sempre.

Gente che ha fatto la storia di Cosa nostra e picciotti che in carcere sono cresciuti. Le scarcerazioni obbligano a riavvolgere il nastro del tempo. Si torna indietro di venti, addirittura trent’anni. Il mensile S fa un viaggio fra le pieghe dei rapporti – non sempre sereni – fra vecchi uomini d’onore e nuove leve. Ma ci sono pure esempi di convivenza pacifica in nome dalla conservazione della specie.

E così si assiste a cerimonie di affiliazione. Giovani rapinatori, svegli di testa, veloci con la pistola e senza paura assurgono al rango di uomini d’onore. Niente più cerimonie in pompa magna, ma incontri riservati. Tre o quattro persone al massimo. Si incontrano, fanno le affiliazioni, leggono pizzini e poi li bruciano. E nel frattempo, con l’intento di fare cassa e controllare il territorio, impongono il pizzo. A tappeto.

C’è addirittura chi aveva avuto la forza di denunciare ed è tornato a pagare. Anche questo contribuisce alla triste fotografia di una mafia che oggi è molto, troppo simile a quella di uno o due decenni fa. Una mafia che non ha più capi carismatici – i vecchi padrini non usciranno mai dal carcere -, ma ha pur sempre la capacità di controllare una grossa fetta di società che ad essa si rivolge per dirimere anche banali questioni.

L’inchiesta completa con tutti i nomi sul nuovo numero di S (qui l’edizione digitale).


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI