Botte, calca e medici stressati | Chi sono gli eroi di Villa Sofia - Live Sicilia

Botte, calca e medici stressati | Chi sono gli eroi di Villa Sofia

Una giornata in corsia. Lì dove il disagio della sanità siciliana è visibile.

Al pronto soccorso di Villa Sofia è un giorno di ordinaria violenza. Non ci sono pestaggi di dottori in agenda. C’è la normale calca di un normalissimo giorno di pena e di buona volontà; ecco la violenza imposta ai concittadini del medesimo disagio. Ci sono i pazienti che, stavolta pazientissimi e quasi tutti anziani, aspettano notizie dal display.

E ci sono loro: gli ordinari e normali eroi di un’area d’emergenza. Sono medici, infermieri e personale a cui non sarebbe richiesta, di regola, la disponibilità al martirio; dovrebbero, infatti, soltanto svolgere una stipendiata missione con scrupolo e competenza. Ma i tempi domandano altro. La politica dei proclami e degli annunci non ha saputo risolvere i problemi della sanità siciliana; anzi, li ha aggravati con omissioni e scelte spesso bizzarre coperte dal manto della retorica. La gente, inerme, accorre qui, perché niente altro trova – che sia alluce valgo o infarto – pur di ricevere sollievo. L’intasamento quotidiano è garantito. Qualcuno, con azioni imperdonabili, di tanto in tanto, se la prende col primo camice bianco di passaggio. Il catalogo delle aggressioni è robusto, nonché documentato dalla cronaca.

Ma oggi è un giorno di tranquillo caos. Presidia la situazione il dottore Aurelio Puleo, il primario, un comandante che offre serenità nella tempesta. Il suo quartier generale è una stanzetta spartana, senza chiacchiere o distintivi. Si nota una scaramantica coccinella in effigie, adagiata sulla scrivania, accanto al pc, santa patrona delle corsie, rabdomante della buona sorte. “Era del mio predecessore – sorride il primario -. Io non l’ho toccata, non si sa mai”.

La stanza del dottor Aurelio è una centrale di riorganizzazione della fiducia in crisi. Le parole scambiate con il cronista vengono giustamente interrotte da camici che svolazzano sopra umanissime ansie, soldati che recano interrogazioni a cui dare immediata risposta. “In questo momento – dice il dottore Puleo – la situazione è sotto controllo, ma stamattina presto… Abbiamo una squadra complessiva di venti dottori per i turni, dieci sono esentati dalle notti per patologie varie. Lo stress è un nemico importante. Ci sono colleghi giovani e colleghi più esperti, tutti condividiamo un identico sentimento di assoluta dedizione. Le difficoltà le conosciamo”.

Il primario le enumera, senza cedere allo sconforto: “E’ complicato rintracciare posti letto nei reparti. Vuole una metafora? E’ come un tappo che non consente il deflusso. Abbiamo pazienti pluripatologici che presentano diversi aspetti da approfondire. C’è un clima sociale di rabbia e disagio che, in un pronto soccorso, può trasformarsi in aspro conflitto. La tensione emotiva è alle stelle. Le attese sono quelle che sono, c’è il sovraffollamento”.

I numeri chiariscono. I codici rossi hanno un decorso urgente per via dell’estrema gravità. Un codice giallo ha una permanenza di circa tre ore, che diventano quattro per un codice verde. L’osservazione breve intensiva, che precederebbe le dimissioni, si misura con i giorni. E sono medie, quasi tutte, da calcolare al rialzo. E’ la sanità siciliana, bellezza.

Come si sopravvive? “Per noi, a parte il resto, è essenziale la cura della comunicazione – dice il primario -. Chi viene qui, in uno stato che si immagina facilmente, ha bisogno di ascolto e di accoglienza. Pure il linguaggio del corpo è importante per non mostrare chiusura”. Un altro sorriso: “Ricorda il calcio totale dell’Olanda degli anni ’70? C’era in campo lo squadrone di Cruyff. Ecco, noi ci muoviamo così, curando il risultato globale e non ci fermiamo mai”.

Entra una dottoressa che sta per prendere servizio. Si sofferma un attimo nel quartiere generale: “Per stare qui è necessario volere bene alle persone. Io voglio bene alle persone e cerco di fare del mio meglio”. Qualcuno, invece, nonostante le ottime intenzioni, proprio non ce la fa. C’è chi chiede di essere trasferito, c’è chi non vuole lavorare in un pronto soccorso. Basta un rapido colpo d’occhio per capire da dove nascano gli inviti allo scoraggiamento.

La calca, adesso, preme, calmierata da un valoroso addetto alla sorveglianza. I camici sfrecciano velocemente; danno l’idea di acrobati in equilibrio su un piede. Il dottore Puleo corre in simbiosi col suo telefonino arroventato dalle continue chiamate. Ma è solo un giorno di violenta normalità. Nessuno è stato fin qui picchiato o preso a colpi di casco, come usa. Nemmeno si sono verificati scoppi di collera, tentativi di strangolamento o minacce cruente: accade pure questo.

Una dottoressa che ha lasciato il posto alla sua collega appare stanchissima. Pure lei si ferma nella stanzetta per rifiatare, prima del ritorno a casa. “Sì – racconta – mi è capitato di trovarmi a tu per tu con qualcuno in situazioni sgradevoli. Bisogna mantenere la calma. Noi donne siamo forse un po’ più fortunate. Ci insultano soltanto”.

Intanto, una giovane donna in camice, poco più in là, armeggia in un dedalo di barelle e corpi da soccorrere. Il caos è all’apice. Una città anziana, povera e disperata, al culmine della sua pena, si riversa qui, addosso agli eroi della buona volontà, afflitti da una costante penuria di risorse. Santa Coccinella, pensaci tu.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI