Bruciò vivo il cugino Marco |30 anni per Antonino Marino - Live Sicilia

Bruciò vivo il cugino Marco |30 anni per Antonino Marino

Il difensore annuncia il ricorso in Cassazione.

la sentenza d'appello
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CATANIA – Sono state le perizie a tenere banco nel processo d’appello sull’omicidio di Marco Castro, il giovane paternese bruciato vivo dal cugino Antonino Marino due anni fa. La prima sezione della Corte d’Assise d’Appello (presidente Costa, latere Gennaro) ha confermato la condanna a 30 anni che era stata inflitta dal Gup per il reato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Il difensore Vittorio Lo Presti ha già annunciato il ricorso in Cassazione, decisione presa ancor prima di leggere le motivazioni di una sentenza che si sarebbe “appiattita” alla perizia dei consulenti della Corte. Ben cinque sono state le perizie (tra quelle collegiali della Corte e le due di parte, dell’accusa e della difesa) effettuate per comprendere la capacità di intendere e di volere dell’imputato nel momento in cui ha versato una tanica di benzina addosso al parente e poi ha appiccato il fuoco. I tre periti nominati dalla Corte hanno confermato la totale capacità dell’imputato, mentre i due consulenti del pg e della difesa hanno parlato di “parziale capacità”.

Nonostante questo però l’accusa, rappresentata dal pg Jole Boscarino che ha sostituito Gaetano Siscaro (in pensione dallo scorso dicembre), aveva chiesto alla Corte la conferma del verdetto del Gup. E i giudici hanno accolto la richiesta. La difesa, in fase di arringa, aveva aspramente criticato la consulenza collegiale. Per Lo Presti c’è lo spazio per ricorrere in Cassazione, insomma.

Marco Castro morì dopo tre giorni d’agonia a Palermo. La notizia della sua prematura scomparsa fu accolta con sgomento dall’intera città di Paternò. Marco era un ragazzo “pieno di vita”, una giovane promessa del calcio (vestì anche la maglia della sua squadra, la maglia del Paternò).

Dietro all’omicidio efferato ci sarebbe stato un alterco scoppiato la sera prima. I due vivevano nella stessa abitazione: Marino a pian terreno con la nonna, Marco al primo piano. Appena Castro arrivò a casa gli arrivarono addosso litri e litri di liquido infiammabile e poi il fuoco che lo ricoprì dappertutto. Marco divenne una torcia umana: “una scena straziante” – raccontarono i testimoni. Ieri è stata scritta la seconda pagina di giustizia per una morte senza giustificazioni. Ma ancora non è finita, i familiari, che si sono costituiti parte civile nel processo, vista l’intenzione già annunciata dalla difesa di Marino del ricorso in Cassazione dovranno affrontare anche il terzo e ultimo grado di giudizio del processo a Roma.

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