"Buongiorno Palermo" - Live Sicilia

“Buongiorno Palermo”

Intervista esclusiva al Cardinale Romeo
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3 min di lettura

Il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, non mangia la torta. “Non aspettatemi”. Così avverte il monsignore che lo segue come un’ombra affettuosa, a fine pranzo. Poi dice al cronista: “Scusa il ritardo, è colpa mia”. E il cronista che fa? Tenta, in un nanosecondo,  di risolvere il dilemma protocollare: baciare o no l’anello? Giammai, suggerirebbe la coerenza adamantina della laicità. Sì, intima la soggezione tenerella che ogni creatura, anche la più scafata,  prova davanti al carisma. Sarà oltretutto buona educazione, no? Ecco l’inchino e le labbra tese all’approccio. Sopresa. Il porporato si ritrae con bonaria delicatezza. Scambia il baciamano con una stretta vigorosa. Nei suoi occhi un lampo d’ironia da perfetto Voltaire. Pare di cogliere e liberamente traduciamo: e che siamo nel Medioevo, figlio mio? Ha inizio la chiacchierata.

Eminenza, il Papa ha seminato speranza e gioia a Palermo, come conservarla?
“Non era solo speranza. Di più, era realtà. Siamo davanti a un’esperienza che ha attraversato profondamente Palermo. La città si è risvegliata. La gente attende e risponde nel modo corretto. Ha bisogno della guida della Chiesa, tutta intera, non di piccoli gruppi. Una Chiesa che sappia unire e promuovere il cambiamento vero. La nostra comunità ha davanti un lavoro capillare. Ci sono troppi elementi che arrestano il giusto zelo”.

Quali elementi?
“E’ un periodo di crisi profonda. Io ho vissuto e ricordo altri periodi di crisi. La generazione della guerra soffriva ed era solidale. Non si lesinava un tozzo di pane nemmeno a un tedesco in fuga. Oggi la solidarietà è scomparsa e la fame resta”.

Perché, eminenza?
“Perché prevale il fattore economico su tutto, sopra l’elemento umano. Prevale l’egoismo totale. L’io è il padrone irragionevole e assoluto, il dominus senza limiti. Io ho diritto sul mio corpo. Io, io, io…  Ed ecco l’aborto. Ed ecco che siamo contro la pena di morte, però accettiamo la cosiddetta libertà di morire. In una società talmente disgregata vince per forza il furbo del quartiere”.

Lei ha ribadito l’incompatibilità tra Chiesa e mafia. Pensa che il concetto sia stato assorbito?
“Il messaggio è chiaro. Ora si tratta di assumerlo, di condividerne il senso. La Chiesa ha il compito di indicare la strada. Non c’è qualcosa di non detto sulla mafia. C’è il grido di Agrigento di Giovanni Paolo II, c’è il martirio di don Puglisi, c’è la lezione di Cataldo Naro. In ultimo, c’è il monito di Benedetto XVI”.

E’ possibile la conversione di un mafioso?
“A patto che sia profonda. Convertirsi significa cambiare il proprio cuore. Togliere il cuore di pietra e mettere al suo posto un cuore di carne. Chi non lo fa è contro Dio”.

Regna la disperazione a Palermo.
“Le persone corrono appresso al Superenalotto. Poverino colui che vincerà centosettanta milioni, probabilmente impazzirà… Dobbiamo lavorare sulle coscienze. Pure voi giornalisti”.

Noi.
“Solo cronaca, spesso,  e poco pensiero. I giornali vengono costruiti per essere venduti, non per favorire uno stimolo di riflessione critica”.

Siamo d’accordo, eminenza. Si può fare?
“Si può fare”.

Il Papa ha lasciato la speranza, lo ripetiamo. Aggiungiamo che è andata bene.
“Non ci sono stati incidenti, né atti vandalici. Nessuno si è lamentato nonostante l’impegno faticoso dalla mattina. E’ il cuore sincero di Palermo, è l’immagine di un risveglio in atto”.

Lei sta operando e non in superficie. Ci sono trasferimenti, c’è un clima di rinnovamento. I sacerdoti mutano parrocchie, abitudini e non si era visto spesso qui. Malumori diffusi?
“No. Un parroco non è per sempre. Ci sono norme precise che regolano tempi di permanenza nelle parrocchie. Abbiamo tollerato emergenze e rarissimi casi speciali, per non dare l’impressione di smobilitare. Continueremo il percorso intrapreso. Da cardinale intendo fare camminare la Chiesa di Palermo nel solco di quella universale, senza eccezioni. Chi segue schemi alternativi è per forza fuori dalla schema giusto”.

Insistiamo, eminenza. Niente malumori?
“Forse a Palermo c’era un’altra mentalità. Ho preferito osservare quando sono arrivato. Sono rimasto in silenzio a lungo. Infine ho agito e agirò ancora. Ho piena fiducia nei sacerdoti, nei miei collaboratori e nei palermitani di buona volontà. In tutti coloro che vorranno condividere il peso e l’amore della mia missione”.


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