ROMA – Se la popolazione italiana è cresciuta nell’ultimo decennio non si può dire altrettanto di quella siciliana. La diretta conseguenza è la riduzione degli scranni in Parlamento. A spiegarlo è il “Corriere della Sera” che traccia un bilancio sulla ripartizione dei seggi regione per regione in vista delle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio.
Se la popolazione italiana, dal censimento Istat del 2001 a quello dello scorso anno, è passata da 56,9 milioni a quasi 59,5 milioni, altrettanto non si può dire per la Sicilia. A far registrare il ‘boom’ demografico e di seggi, complice soprattutto l’immigrazione, sono state la Lombardia, che guadagna 3 parlamentari e 2 senatori, il Lazio, con due parlamentari ed un senatore, e la Liguria, con due parlamentari ma nessun senatore aggiuntivo. Bilancio negativo, invece, per alcune regioni del sud Italia come Campania, Puglia e Sicilia che perdono ciascuna 2 seggi in Parlamento ed uno al Senato. I nuovi risultati del censimento 2011 hanno dato quindi una pesante stangata alla rappresentanza nazionale di gran parte del sud e delle isole variando non soltanto gli equilibri di ‘importanza’ tra le regioni ma anche il numero minimo di firme necessarie per poter presentare una lista alle prossime elezioni nazionali.
Nelle regioni più popolose infatti i sostenitori necessari sono aumentati in proporzione alla popolazione residente creando non poche polemiche. Il via libera ad una diminuzione delle firme è fissato invece per domani dove l’Aula di palazzo Madama dovrebbe decidere se convertire o meno in legge il decreto che comporterebbe la riduzione al 75 per cento del numero di firme previsto attualmente.