Covid: protesta degli avvocati, gli "onorari" in sciopero della fame - Live Sicilia

Covid: protesta degli avvocati, gli “onorari” in sciopero della fame

I penalisti denunciano il caos: "Vogliamo lavorare ma in sicurezza". Protesta senza precedenti dei Got
TRIBUNALE DI PALERMO
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Palazzo di giustizia di Palermo. Primo piano dei nuovi edifici giudiziari. Dentro le aule si rispettano le regole del distanziamento, in corridoio è il caos.

Avvocati, imputati e testimoni provano a mantenere la distanza di sicurezza, ma è francamente impossibile. Ed è dai penalisti che parte un grido di protesta: “Vogliamo lavorare, ma in sicurezza”. Il tema è diventato centrale in un gruppo Whatsapp, chiamato “Avvocati… in discussione” attivo da tre anni, a cui hanno aderito duecento professionisti che contestano l’organizzazione del lavoro in tribunale al tempo del Covid.

A ciò si aggiunge la protesta dei giudici onorari, pronti a incrociare le braccia e attuare uno sciopero della fame senza precedenti. Da sempre non sono inquadrati con assunzioni a tempo indeterminato. Lavorano a prestazione, ma sono un pilastro dell’amministrazione della giustizia italiana. Svolgono funzioni giudicanti (giudici onorari togati) e requirenti (vice procuratori onorari). Numeri alla mano dalle loro mani passa circa la metà del contenzioso ordinario di primo grado in ambito sia civile che penale.

Gli scatti di stamani testimoniano una situazione insostenibile. Non passa giorno senza che il Consiglio dell’ordine degli avvocati non invii una e mail agli iscritti per comunicare la positività al virus di un collega con l’indicazione dei luoghi, aule e cancellerie frequentate, in modo che ciascuno possa fare mente locale sui propri spostamenti. Il tracciamento diventa una mappa dell’impossibile, o quasi. Non resta che fare il tampone.

E così gli avvocati hanno scritto al referente per la sicurezza del Palazzo di giustizia per denunciare “la presenza di assembramenti che richiede interventi urgenti ed improcrastinabili a tutela della salute di chi frequenta, a vario titolo, il Tribunale, anche con misure atte a ridurre o
inibire l’accesso agli uffici giudiziari in attesa di una migliore organizzazione delle varie attività dell’ufficio e di una migliore gestione dell’attività di udienza”.

Al momento è prevista soltanto una divisione in fasce orarie per lo svolgimento delle udienze, ma le misure “sono in larga parte non rispettate – dicono gli avvocati – e si rivelano comunque totalmente inadeguate a garantire il rispetto delle misure di sicurezza, sia per la struttura dei luoghi, che per l’eccessiva mole di giudizi che ogni giudice deve trattare in considerazione del proprio ruolo di udienza”.

Ci sono giorni in cui vengono fissate decine e decine di processi che finiscono per accavallarsi. Il calendario delle udienze dovrebbe essere comunicato via e mail in anticipo, ma spesso ciò non avviene. Così, aggiungono i penalisti, non si può andare avanti.

E parte anche una stoccata nei confronti dei magistrati e del personale amministrativo con cui condividono gli spazi: “Non viene dato modo agli avvocati di conoscere eventuali casi di positività al Covid-19 tra i dipendenti degli uffici giudiziari e dell’effettivo svolgimento della sanificazione a norma di legge”.

Il presidente della sezione Gip-Gup Alfredo Montalto, che al momento svolge anche il ruolo di presidente del Tribunale da quando è andato in pensione Salvatore Di Vitale, ha scritto al Consiglio dell’ordine per ricevere “eventuali suggerimenti o pareri sulle misure da adottare”.

In attesa di riscontro ha però già fissato delle regole: trattazione in ciascuna udienza penale al massimo di 25 processi con suddivisione rigida in fasce orarie; celebrazione dei processi, di regola, a porte chiuse; utilizzo delle udienze da remoto; deposito di tutti gli atti, documenti e istanze penali attraverso posta certificata.

Dal prossimo primo dicembre la nuova organizzazione dovrà fare i conti con la protesta dei magistrati onorari che “sospenderanno l’attività per preservare la loro incolumità”.

“In piena emergenza Covid – dicono Vincenza Gagliardotto e Sabrina Argiolas – l’assenza di garanzie e tutele giuslavoristiche, in cui da oltre vent’anni continuiamo a lavorare ha palesato drammaticamente tutte le criticità di una categoria esposta alla scelta indegna di un paese civile e culla del diritto come l’Italia tra indigenza e salute. A seguito del continuo susseguirsi dei contagi tra i loro colleghi magistrati onorari, costretti a fermarsi senza alcuna garanzia previdenziale e assistenziale, privi di alcun ristoro economico per il sostentamento proprio e dei loro familiari, fermarsi è d’obbligo”.

C’è di più: i due magistrati inizieranno sciopero della fame per protestare di fronte a uno “Stato sordo e insensibile verso i suoi più fedeli servitori. Anche l’attuale esecutivo persiste nel voler mortificare la categoria dei magistrati onorari del tribunale negando loro lo status di lavoratori subordinati prospettando ancora un miserevole ristoro economico ed imponendo a loro carico tutte le spese contributive”.


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