Si allarga l'inchiesta sul Capodanno | C'è un quarto indagato al Comune - Live Sicilia

Si allarga l’inchiesta sul Capodanno | C’è un quarto indagato al Comune

Fissata l'udienza preliminare. Sotto inchiesta dirigenti, funzionari e un imprenditore per i festeggiamenti in piazza per il 31 dicembre di due anni fa.

PALERMO – L’udienza preliminare è stata fissata il prossimo 24 novembre. E si scopre che sono diventati quattro gli indagati nell’inchiesta sull’organizzazione dei festeggiamenti per il Capodanno 2013.

Il nome nuovo è quello di Francesca Ciancimino, componente dello staff del dirigente del servizio attività culturali del Comune di Palermo. Nel registro degli indagati erano già finiti il dirigente Ferdinando Ania e il funzionario Salvatore Tallarita, che facevano parte della commissione che assegnò l’organizzazione dell’evento alla società Levana di Manfredi Lombardo (pure lui indagato). I primi due, assieme alla Ciancimino, sono accusati di abuso d’ufficio in concorso, l’imprenditore risponde di falso perché avrebbe autocertificato di possedere il Durc, il documento unico di regolarità contributiva senza il quale la Levana non avrebbe potuto partecipare alla gara e che in realtà avrebbe ottenuto solo dopo l’assegnazione. La richiesta di rinvio a giudizio è firmata dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Daniele Paci.

L’inchiesta della sezione di Polizia giudiziaria del Tribunale partì dall’esposto presentato, tramite l’avvocato Gisberto Barbera, da Andrea Peria, titolare dalla Terzo Millennio, una delle società escluse dalla gara. Per salutare il 2013 Palazzo delle Aquile affidò l’organizzazione, praticamente all’ultimo minuto, all’associazione Levana che portò in piazza Politeama il cantante Max Gazzè con una spesa di 128 mila euro. Un lavoro, quello della commissione, assai contestato e accompagnato da polemiche. La Terzo Millennio fece ricorso al Tar dopo che il Comune negò in parte l’accesso agli atti della gara negoziata. Così l’azienda si era rivolta alla giustizia amministrativa che le aveva dato ragione: per i giudici Palazzo delle Aquile non poteva negare l’accesso.

La scelta ricadde su Levana, dunque. Secondo la Commissione, fondamentale era stato il fatto che la società vantasse l’esclusiva dell’artista proposto. Un’esclusiva che, ha sempre contestato Peria, nell’avviso comunale non era espressamente richiesta. Nei giorni in cui le polemiche travolgevano Palazzo Ziino, sede della commissione che vagliò i progetti, il sindaco Leoluca Orlando e l’allora assessore alla Cultura Francesco Giambrone chiesero un’inchiesta interna al Segretario generale sull’operato della commissione. Sul palco salì Gazzè e non Vinicio Capossela come proposto dalla Terzo Millennio e da altre due società arrivate a pari merito nella graduatoria di merito. Secondo gli investigatori, “il criterio del maggior vantaggio economico era l’unico parametro che avrebbe dovuto guidare la scelta della commissione fra le quattro società che avevano ottenuto tutte il massimo punteggio di merito”. Anche su questo fronte ci sarebbe stata poca trasparenza perché se è vero che il pacchetto proposto da Peria, che prevedeva l’esibizione di Capossela, costava 137 mila, contro i 128 mila della Levana. È altrettanto vero, dicono gli investigatori, che ai costi per Gazzè andavano aggiunti altri 15 mila euro di diritti Siae che, invece, la Terzo Millennio aveva incluso nella proposta.

Gli investigatori hanno sollevato dubbi, seppure non fosse un requisito richiesto, sulla stessa esclusività visto che “l’esito della selezione favorevole alla Levana sarebbe stata comunicata ufficialmente prima che alla commissione di valutazione pervenisse l’attestazione dell’esclusività dell’artista Max Gazzè e con tre giorni di anticipo rispetto a quello di conclusione dei lavori chiuso con il verbale di acquisizione del progetto”. E poi c’è la questione Durc. La Levana, nei giorni della gara, non ne era in possesso per una precedente inadempienza contributiva, poi sanata. Ecco perché gli inquirenti parlano di “incuranza manifesta da Ania rispetto all’evidenzia falsità delle autodichiarazioni rese da Lombardo”.

“Sono un funzionario culturale – replicò Tallarita quando Livesicilia pubblicò la notizia -. Il mio compito è progettare iniziative e valutare dal punto di vista artistico le proposte, ho applicato la norma di azione che si applica da sempre, ovvero l’articolo 57 del Codice dei contratti pubblici che prevede l’affidamento diretto per prestazione artistica, ma l’affidamento diretto non si può sempre applicare perché gli artisti hanno rappresentati territoriali. In tre avevano lo stesso artista, quindi operato così. La buona fede è dimostrata dal fatto che a tutti abbiamo dato pari punteggio. Le prestazioni artistiche non si possono affidare al maggiore offerente, ma secondo intuitu personae. Ho piena fiducia nei giudici.

“Ho sempre operato nel rispetto della legalità, nella mia attività professionale e nel mio impegno civile e sociale in questa città – replicò Manfredi Lombardo -. L’evento è stato, a detta di tutti, uno strepitoso successo, organizzato in pochissimi giorni e dove le difficoltà – compresi gli esposti per cercare di sequestrare il palco e bucce di banana varie, probabilmente tutti frutto delle stesse mani – non sono riuscite a farlo andare male. Ricordo che, durante le 7 ore dello show, si sono collegate in streaming con Palermo 18 mila persone”. Infine, concludeva Lombardo: “Mi addolora molto essere coinvolto nelle indagini, come una persona che ha agito non rispettando le regole”.

 


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