Cara assessora Pagana, pensa di meritare l'incarico?

Cara assessora Pagana, pensa di meritare l’incarico?

Le nomine in giunta. E quella domanda...
GOVERNO SCHIFANI
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Cara assessora Elena Pagana, la sua nomina, nella giunta del presidente Renato Schifani, viene raccontata da chi non le vuole bene come un caso di familismo. Si direbbe Elena per intendere Ruggero, suo marito, cioè, Razza, ex assessore alla Salute. Escluso dai giochi diretti – nonostante i tentativi di Nello Musumeci – per rientrare in quelli indiretti tramite consorte. Ma, secondo un consumato luogo comune maschilista, adesso sarà sua moglie, lei, a portare i pantaloni a casa. Lui osserverà il potere dalla finestra.

Però, il sospetto è talmente appuntito che non si può tacere, infatti, nei corridoi come negli ascensori, viene addirittura gridato. L’idea antipatica che lei, cara Elena, se non fosse stata ‘moglie di’ non sarebbe diventata assessore(a) di alcunché. E d’accordo: chi lo dice non le vuole affatto bene. Tuttavia, in coscienza, si può assolutamente smentire senza essere smentiti, almeno in linea di principio, una tale sembianza delle cose?

Caro assessore, cara assessora (veda un po’ lei), chi la sta aggredendo, in queste ore, chi le sta mancando di rispetto, non cammina al nostro fianco. Non ci piacciono gli scalmanati che si scagliano e certi vili capaci di montare sulla groppa di una tastiera social, soltanto per lanciare contumelie, convinti di essere confusi nell’indistinto e, dunque, invulnerabili. Le idee differenti, senza il rispetto, le prese di posizione che si traducono in un linciaggio, sono cumuli di spazzatura. E da questa immondizia noi, immancabilmente, la difenderemo.

Oltre i rutti tribali, rimane la franca opzione della critica. Guardiamola da un altro punto di vista, immaginando gli occhi di uno che ha creduto alla ‘destra moralissima di governo’ pure in Sicilia. A Nello Musumeci, presidente di carattere, forse di cattivo carattere, agganciato alla sua fama di condottiero immacolato. A Ruggero Razza di cui Nello ha detto “per me è come un figlio”, fornendo una sacra legittimazione: sono le parole sincere di chi a un figlio ha dovuto dire addio.

Costoro come si sentiranno, ora, nel vedere lei, Elena, assessore(a) della giunta Schifani, narrata come ‘moglie di’ nel percorso che le ha portato in dono un posto al sole? Cosa penseranno di tutta quella morale sistemata, tra gli scaffali delle convenienze, nel retrobottega degli incarichi?

Ecco, possiamo confessarlo: un po’ dispiace a livello umano per la benevolenza affettuosa che si prova, come reazione empatica, intorno all’amore che insieme avete costruito, lei e Ruggero, circondato da tanta invisibile, ma palpabile e iniqua, malevolenza. Un legame che sempre ci ha rincuorato, nel suo semplice linguaggio di tenerezza, in quella patria di pugnalatori che è la politica.

Cara Elena, permetta questa familiarità epistolare, non proterva, né indulgente, nell’approccio di chi crede che siamo ancora in tempo per una valutazione serena, ma decisa, degli eventi. Chieda a se stessa: sono qui, al governo, perché me lo merito o sono qui perché Ruggero Razza è mio marito? Poi si dia una risposta sincera. (Roberto Puglisi)


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