Cara Palermo, l’altra sera, su piazza Politeama, si stendeva un cielo tiepido, struggente, bellissimo. C’erano tante anime diverse a goderselo. Di quella diversità non belligerante e pacifica che sembra un dono, mentre, una volta, era la normalità.
Un ospite milanese, sul limitare della cena, appariva addirittura incantato: “Ma quanto è bella Palermo, che colori, che spettacolo”. Chi scrive annuiva orgoglioso, come un figlio ancora bambino che ascolti elogiare la sua mamma.
Ma poi si ritorna, oltre le migliori intenzioni, nel ‘bruttore’ (neologismo più urticante di bruttezza) quotidiano, come dimostra la storia dell’involontaria installazione surrealista dei ‘cessi’ abbandonati per strada e rimossi dalla Rap.
Cara Palermo, genericamente intesa e specificamente insopportabile nelle sue individualità più volgari, allora dicci che lo fai apposta, perpetuando il tuo scenario di sempre. Seduci con un lampo di meraviglia, per sprofondare nell’inferno dell’inciviltà, un attimo dopo, il tapino che ha osato sognarti differente.
L’incubo si materializza ogni giorno. Il catalogo (per difetto) è questo: la cafonaggine, la sporcizia procurata, l’occupazione abusiva dei posti per le persone diversamente abili, la maleducazione assortita, la sopraffazione delle doppie file senza che l’autore, almeno, si disponga a spostare la macchina celermente, l’abbandono dei rifiuti. Etc etc etc…
Cara, carissima Palermo, vuoi un altro esempio? Chi scrive abita a Mondello. Nessuno può immaginare, se non l’ha visto, cosa sia lo ‘spettacolo’ della borgata nell’incipiente estate. Oltre ai marciapiede sgarrupati, a una viabilità contorta e ai pochi controlli – elementi che chiamano in causa gli amministratori – c’è la protervia degli amministrati.
Macchine messe a bloccare tutto, per il legittimo bisogno del caffettino a bar, corredato da sguardi languidi, oltre gli occhiali da sole, puntati sul caos appena generato. Motorini con uno sproposito di passeggeri che guardano stupiti lo stupore altrui. Schifezze lasciate, a mo’ di trofeo, sulla spiaggia. Al momento non siamo alla disfida, adornata di contumelie, per piazzare l’ombrellone. Ci arriveremo.
Cara Palermo, le tue sere affascinano, la tua luce somiglia all’intaglio del sublime, il tuo cielo è amichevole. Poi, tornando al livello del suolo, ti coglie l’irresistibile tentazione di mostrarti brutta e incivile. Cesserai mai di esserlo?
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