Caro "figlioccio", ti scrivo... |Gli ordini di Finocchiaro dal carcere - Live Sicilia

Caro “figlioccio”, ti scrivo… |Gli ordini di Finocchiaro dal carcere

Ecco cosa hanno registrato le cimici piazzate dalla Squadra Mobile a casa di Giovanni Musumeci, già condannato in primo grado a vent'anni di reclusione. LE INTERCETTAZIONI 

CATANIA – Il carcere ancora una volta non sarebbe un ostacolo a “manovrare” le fila di un clan. Le lettere sarebbero lo strumento più utilizzato per far “passare” le direttive “tra le sbarre”. Un meccanismo intercettato e svelato in diverse indagini di polizia giudiziaria e che si è riproposto nell’inchiesta sul traffico di stupefacenti gestito dai Carateddi con nomi di “prestigio” come Orazio Finocchiaro. Il boss, allo stato detenuto, ha seguito l’ultima udienza che lo vede imputato insieme, tra gli altri, alla madre Maria Bonnici in videoconferenza. Un passaggio chiave della deposizione del teste dell’accusa, il vicequestore Salvatore Montemagno, riguarda proprio una lettera (mai acquisita in maniera cartacea) ascoltata dagli agenti della mobile in quanto è stata letta a casa di Giovanni Musumeci, alias Coca Cola, dove erano state piazzate delle cimici ed era stata installata una telecamera proprio davanti alla sua abitazione.

Nella missiva “Iattaredda” Finocchiaro lamenterebbe il modo di operare di Paolo Ferrara nella gestione di una piazza di spaccio. “Ad iniziare a leggerla è stata la Bonnici, destinataria della lettera – racconta Montemagno – ma dopo, per un problema di grafia, ha continuato Emilia Anastasi (moglie di Musumeci)”. C’era un messaggio preciso proprio per Coca Cola che, da quanto emerge dalle intercettazioni (trascritte nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip) Finocchiaro chiamarebbe “figlioccio”. Il boss avrebbe detto a Musumeci di “non considerare più come “loro compagno” l’attuale gestore della suddetta “piazza” a nome “Paolo” (Paolo Ferrara ndr.) e di rimpiazzarlo con il cognato e cioè con Roberto Scrivano. Inoltre, l’imputato avrebbe ordinato che la “piazza doveva rimanere sotto casa sua”. “Ora figlioccio – scriverebbe Finocchiaro – senti bene vedi che Paolo caro, non fa quello che io gli ho detto, ti faccio sapere che non è più “compagno” nostro e lo mandi a rubare macchine di nuovo, digli a tuo cognato che la “piazza “deve rimanere sotto, sotto casa mia, se no non ci mando i clienti“.

Il termine “figlioccio“, come ha evidenziato Montemagno durante l’udienza, è molto usato nel contesto della criminalità organizzata per evidenziare i rapporti anche di “sudditanza” tra boss e picciotto. Su questo punto il difensore di Finocchiaro ha voluto precisare che “l’imputato è proprio il padrino di Giovanni Musumeci per sacramenti religiosi”.

Dagli esiti delle indagini della polizia – che rappresentano il cuore dell’ipotesi accusatorie nei confronti di Orazio Finocchiaro – l’intercettazione di questa missiva “sancisce” la piena prova che l’esponente dei Carateddi “fosse in grado di dirigere dal carcere il traffico di stupefacente organizzato proprio da Giovanni Musumeci impartendo – si legge nell’ordinanza – le opportune direttive attraverso suoi familiari ed addirittura intrecciando rapporti con soggetti che poi si potevano rivolgere a lui per rifornirsi di droga”.

La lettera offre alla polizia anche spunti di analisi e decriptazione dei codici usati per impartire direttive dal carcere verso l’esterno. “Dalla lettura stessa della missiva – dichiara ancora il vicequestore della Mobile – siamo riusciti a decifrare alcuni codici. Ad esempio piazza di spaccio – continua – era definita con il termine macelleria”. A supporto di quanto detto dal poliziotto, rispondendo alle domande dell’accusa, vi è la parte finale della conversazione tra la madre di Finocchiaro e Musumeci. Maria Bonnici, infatti, a proposito della gestione della “piazza di spaccio” avrebbe concordato l’utilizzo del termine “macelleria”. Nei nastri viene registrata la frase: “Per intendere la piazza gli dico per esempio, per la macelleria che dobbiamo fare?“. A mandare il messaggio al detenuto, poi, sarebbe stata la moglie del boss Finocchiaro che durante una telefonata avrebbe utilizzato il ” medesimo linguaggio criptico”. Su questo punto il difensore dell’imputato ha precisato al Tribunale che la famiglia ha gestito per un periodo “proprio una macelleria”.

MARIA COSTANZO ALLA SBARRA

CONDANNA PER BONACCORSI E MUSUMECI 

FINOCCHIARO E LE PERIZIE DEI RIS SUI PIZZINI

 


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