Da case per anziani a lager| "Urlavano e chiedevano aiuto" - Live Sicilia

Da case per anziani a lager| “Urlavano e chiedevano aiuto”

La struttura chiusa in via Marchese di Villabianca

Il racconto di chi abita nei palazzi in cui si trovavano le case famiglia sequestrate, la titolare era un'agente della polizia municipale. Gli ospiti delle due strutture piangevano, si lamentavano. Il sequestro ha messo fine all'incubo per diciassette anziani.

PALERMO – Venivano svegliati nel cuore della notte dalle urla, dalle richieste di aiuto al balcone. Dicevano “salvateci”, piangevano. Il racconto di chi abita nel palazzo in cui si trovava una delle case di riposo sequestrate dalla polizia, è da brividi e descrive soltanto in parte il quadro agghiacciante che le telecamere degli investigatori hanno accertato.

Un incubo in cui erano finiti diciassette anziani in tutto, dieci ospitati nella struttura di via Marchese di Villabianca, sette in quella di via Libertà, ovvero le case alloggio “Anni d’oro” e “Arcobaleno”. Entrambe sottoposte al sequestro preventivo effettuato dagli uomini del commissariato Libertà, erano state aperte da circa quattro anni.

A gestirle due donne, madre – vigile urbano a Palermo – e figlia di 25 anni, entrambe denunciate a piede libero per estorsione aggravata in concorso, maltrattamenti ed abbandono di persona incapace per malattia o vecchiaia. Le indagini parlano di un contesto in cui la pietà e l’assistenza non esistevano. Gli anziani sarebbero stati sedati per impedire loro di lamentarsi, di urlare, di sfogarsi. Vedevano coi loro occhi quello che succedeva, ma non avevano alcuna possibilità di difendersi.

“E così – dice un residente del palazzo in via Marchese di Villabianca – non ci rimaneva che chiamare le forze dell’ordine. Qui polizia e carabinieri sono venuti spesso, perché sentivamo urlare gli anziani quasi ogni notte”. “Alcuni di loro – aggiunge un professionista che abita al civico 163 – nei rari momenti di lucidità uscivano sul balcone e chiedevano aiuto. Un inferno andato avanti per troppo tempo”.

Avevamo tutti intuito che qualcosa non andava – dice il portiere dello stabile – ma non ci saremmo mai aspettati che chi gestiva questa comunità alloggio fosse arrivato a tanto. L’altra sera, quando gli anziani sono stati riaffidati ai propri parenti, uno di loro mi ha detto “in questa strada non metterò mai più piede”.

Nelle loro menti e nei loro cuori, d’altronde, ci sono giorni e notti da incubo. Episodi di violenza, punizioni, sveglie alle 4 del mattino. E pasti saltati, colazioni costituite da tazze di latte diluito con l’acqua del rubinetto. Alcune stanze erano state trasformate in discarica, il materiale che doveva essere utilizzato per l’assistenza e alcune sedie a rotelle venivano accatastati in un balcone, le medicine accumulate nei sacchetti per la spesa.

“Non è giusto – dice una donna sulla cinquantina, residente anche lei nello stabile – le famiglie fanno sacrific per permettere ai propri cari di essere assistiti, specie se malati. Tra questi anziani c’è chi prende una misera pensione di quattrocento euro e non può permettersi altre strutture. Ma purtroppo c’è chi si approfitta della sofferenza altrui”.

Cinque, in tutto, i dipendenti dei due centri che hanno deciso di mettere un punto al comportamento adottato sia nella casa famiglia “Anni d’Oro” che da “Arcobaleno”. La prima a rivolgersi alla polizia è stata una donna, dopo la quale altri cinque lavoratori hanno raccontato tutto ciò che avveniva nei due centri per anziani. “Hanno avuto coraggio – dice un residente nel palazzo di via Libertà – ed hanno permesso di svelare quello che tutti anche qui sospettavamo. Una volta ho visto uscire in lacrime la parente di un’anziana, mi ha raccontato che temeva venisse trattata male, non so cosa fosse successo. E’ un bene che finalmente sia stato preso un provvedimento”.


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