Catania ce la può fare |Ma dipende dai catanesi - Live Sicilia

Catania ce la può fare |Ma dipende dai catanesi

Catania è arrivata ad un punto di non ritorno, sospesa tra l'incudine e il martello, immobile mentre sta per passare l'ultimo treno. E in un momento come questo...

CATANIA- Mi sono permesso di far notare a un catanese che passeggiava tra le luccicanti vetrine della via Etna, che “forse” gli era caduta una cartaccia per terra. Per questo sono stato insultato, aspramente, perché quella cartaccia doveva restare lì, sul basolato tirato a lucido con i milioni spesi dal Comune. Proprio davanti alla Prefettura. Simbolo del potere di quest’uomo, che chiedeva: “Che c’è di male? Che cosa vuoi?”. E poco dopo aggiungeva: “Lei che è della Finanza?”.

La città è divisa tra incivili e persone che credono sia possibile cambiare. Tra quelli che fanno la fila alla Posta e i furbi che “sorpassano” facendo finta di niente. Tra chi ruba e chi lavora.

Catania è anche sporca, mai come prima. Catania è in crisi, mai come prima. Catania non ha un cantiere, degno di questo nome, aperto. Catania è impresentabile ai turisti che riescono a varcare la soglia di piazza Duomo senza essere scippati. La domanda che bisogna porsi è semplice: di chi è la colpa? Al primo posto, purtroppo, ci sono proprio i catanesi.

“Sperti” per definizione, si “annacano” come le candelore gonfi da un “io” ipertrofico.

“Spertissimi”. Quanti catanesi sono condannati a piangere perché i propri figli non si possono più sposare, perché non ci sono “i soldi”? I giovani, figli della generazione degli “sperti”, con la laurea sotto braccio vanno a lavare i piatti a Londra, o volano in Australia, a cercar fortuna. “Sperti” e pieni di “amici”. A Catania senza un “amico”, devi attendere 6 mesi per una mammografia, come ha svelato il Codacons in questi giorni, sognerai probabilmente invano un posto pubblico o magari una promozione al Comune, dove ha destato scalpore la vicenda del concorso per i capi settore finita in un processo che non ha visto l’Ente costituirsi parte civile.

Quanti catanesi hanno perso la dignità vendendo il voto in cambio della promessa del politico di turno? E non si tratta solo di lavoro. ‎Gli atti giudiziari parlano chiaro ma non è possibile valutare i comportamenti soltanto attraverso la lente del codice penale e di quello civile.

E’ ancora in piedi quella consuetudine che, per scelta dei catanesi, è divenuta legge. Non esistono i diritti, né i doveri, ci sono soltanto i privilegi, che come tali vengono concessi da chi gestisce il potere per coltivare il proprio bacino elettorale. La Catania di rito neo-feudale obbliga a chiedere la raccomandazione per qualunque cosa, dall’iscrizione nella scuola materna al trapianto di reni e fegato. Dall’esame al liceo musicale a quello delle urine.

Le segreteria elettorali affollate, la mafia che si insinua, i “picciotti” del livello militare che gestiscono le piazze di spaccio e diventano esercito politico al momento del voto. Stesso discorso per il livello superiore, che guarda ai grandi affari.

Catania è in crisi e la crisi e’ sotto gli occhi di tutti. Un sistema di potere sclerotizzato tiene in vita pochi grandi imprenditori, sempre gli stessi, il cui benessere non sembra essersi trasformato in sviluppo per la città. Per non parlare di come la città e’ stata amministrata in questi anni.‎

Manca solo il colpo di grazia alla splendida città del Liotro, per seppellire le speranze della generazione che sta crescendo e mandare in soffitta definitivamente le certezze di quella che è già cresciuta. Catania è arrivata ad un punto di non ritorno, sospesa tra l’incudine e il martello, immobile mentre sta per passare l’ultimo treno.

Ma la città ce la può fare? Dipende dai catanesi, che rappresentano la vera risorsa di questa terra, più del barocco e dei 30 gradi ad ottobre. Bisogna ricominciare a dialogare, ad alimentare la sinergia che può rappresentare il valore aggiunto in questo momento. E’ mai possibile che l’isola pedonale si trasformi in una trincea? Dove ciclisti, paninari, mammoriani e commercianti sono l’un contro l’altro armati?

Solo unendo le forze le domeniche potrebbero diventare un volano per la città, creando eventi collaterali, organizzando convegni, mercati dei prodotti tipici, sagre e a quel punto il lungomare non sarebbe più trincea, c’è spazio per tutti, per pedalare e per arrostire un doppio porchetta con patatine, circondati da migliaia di persone.

Ma c’è un ultimo ostacolo, che è il più importante da superare: bisogna abbattere i privilegi e ripristinare diritti e doveri. E in un momento come questo è necessario ripartire dai doveri, a qualunque livello. Solo così i catanesi possono tornare ad essere cittadini, vigilando e custodendo l’unico gioiello che nessuno potrà mai rubare: Catania.


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