Catania, le mani del clan sul lido "Miami Lounge Beach Bar" VIDEO

Catania, le mani del clan sul lido “Miami Lounge Beach Bar” VIDEO

La truffa e le indagini

CATANIA – Le mani del clan sullo stabilimento balneare Miami Lounge Beach Bar. È stato spiccato questa mattina dal Tribunale etneo il decreto di sequestro preventivo di beni patrimoniali, nei confronti del 62enne pregiudicato nisseno Salvatore Pistone, della 51enne pregiudicata catanese Giovanna Maria Salvo e della 28enne catanese Anna Laura Comparato: Queste ultime congiunte a elementi di spicco del clan Cappello.

Le accuse

Agli indagato sono stati notificati gli avvisi della conclusione delle indagini preliminari per i reati in concorso di “truffa” e “falsità ideologica in atti pubblici” (l’ultimo reato contestato solo alle due donne).

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica etnea e condotta, tra aprile 2022 e agosto 2024, dal Nucleo Investigativo di Catania – Sezione Misure di Prevenzione e Criminalità Economica, avrebbe svelato un articolato disegno criminoso, grazie al quale gli indagati sarebbero riusciti ad accaparrarsi la gestione, per ben 2 anni, del noto lido del litorale catanese. 

Ls ricostruzione dei fatti

Un piano congegnato e collaudato, con una netta suddivisione dei compiti e dei ruoli, secondo cui l’uomo, nella prima fase della truffa, cominciata nel 2021, avrebbe dovuto occuparsi delle trattative iniziali con la società titolare dello stabilimento balneare, il Miami Lounge Beach Bar”, con l’obiettivo di convincerlo a sottoscrivere a suo favore un contratto d’affitto.

Ed effettivamente, dai riscontri investigativi, sarebbe emerso che Salvatore Pistone, fingendosi il legale rappresentante di una società svizzera – realmente esistente ed operante nel Canton Ticino ma che è totalmente all’oscuro dell’intera vicenda – avesse avviato le trattative con il rappresentante della proprietà del lido-ristorante, esibendo nel corso dei numerosi incontri tutta una serie di documenti e deleghe false, mai prodotti o emessi dal gruppo elvetico.

L’offerta

In questo contesto, l’offerta per l’aggiudicazione della gestione dell’attività commerciale sarebbe stata particolarmente ghiotta, prevedendo il pagamento di 135 mila euro l’anno per i primi due anni, 140 mila per il terzo e il quarto anno e 150 mila per il quinto e il sesto.

Nel corso della negoziazione l’amministratore della società titolare del lido, ben disposto dalla documentazione, falsa, che gli era stata fornita, persuadendosi della bontà della proposta, aveva comunque richiesto una “polizza fideiussoria” a garanzia dei futuri pagamenti dei canoni di locazione. Anche in questo caso, il documento bancario fornito si sarebbe rivelato totalmente falso. 

Il contratto

Al termine delle contrattazioni, durate oltre un anno, nel mese di marzo 2022, l’amministratore della società catanese si era quindi deciso a sottoscrivere il contratto e a concedere in affitto il lido, con annesso ristorante.

Da questo momento in poi, nella seconda parte della truffa, sarebbero “entrate in gioco” le due donne, inizialmente defilatesi, per occuparsi in concreto della gestione e della promozione dell’attività commerciale, in vista della stagione balneare 2022.

Per pubblicizzare l’apertura del lido, sarebbe infatti stato realizzato anche un sito web, in cui era appunto riportato il numero di telefono della 28enne Comparato, che avrebbe avuto il compito di organizzare in prima persona le prenotazioni e tenere i contatti in nome e per conto dell’azienda. 

I canoni mai pagati

Le due donne, tuttavia, non avrebbero mai pagato la quota dei canoni di locazione pattuiti con la proprietà, motivo per cui erano state citate in giudizio davanti al Tribunale Civile di Catania, per chiarire appunto la loro posizione di inadempienza.

Anche in questa circostanza, a comprova della loro attitudine criminale, le indagate non si sarebbero fatte scrupoli a produrre, durante il processo civile, ulteriori documenti falsi, con lo scopo di indurre in errore anche l’Autorità Giudiziaria Giudicante, portandola a ritenere che la situazione economica della loro società fosse ben solida e che, pertanto, le due fossero in possesso di fondi bancari necessari per estinguere il debito.

Le indagini sono state portate avanti dai Carabinieri specializzati della Sezione Misure di Prevenzione e Criminalità Economica del Nucleo Investigativo di Catania, i quali hanno passato al setaccio la completa situazione economica degli indagati, analizzando migliaia di pagine e documenti riguardanti movimentazioni bancarie, conti correnti, contatti con fornitori, arrivando alla conclusione che l’attività commerciale fosse stata da loro illecitamente acquisita.

Il sequestro di oggi ha fatto luce sulla gestione di un’attività commerciale illecitamente acquisita e gestita, del valore di circa 3 Milioni di euro che, a seguito del provvedimento, è stata affidata in custodia giudiziaria all’amministratore individuato dal Tribunale.

Madre e figlia

Le due indagate Giovanni Maria Salvo e Anna Laura Comparato sono madre e figlia. Secondo il gip Maria Ivana Cardillo dalle indagini dei carabinieri emergerebbero indizi sufficienti di un disegno criminoso che aveva come obiettivo di partenza il raggiro, la truffa.

Per il giudice è chiaro che gli indagati abbiamo agito in un contesto antigiuridico preordinato, per raggirare l’assemblea dei soci dell’impresa al centro dei loro obiettivi per procurarsi, come fine ultimo, l’ingiusto godimento dei rami d’azienda.

La richiesta di sequestro, avanzata dal sostituto procuratore Fabio Regolo e vistata dall’aggiunto Fabio Scavone, secondo il gip è giustificata anche dal fatto che gli indagati stanno protraendo il godimento dello stabilimento balneare e potrebbero commettere altri reati creando un danno irreparabile all’attività.


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