Processo Cimò, "Di Grazia |voleva intestarsi il lavaggio" - Live Sicilia

Processo Cimò, “Di Grazia |voleva intestarsi il lavaggio”

Ascoltati diversi testi durante il dibattimento nel processo per l'omicidio di Mariella Cimo'. Interessanti le dichiarazioni rese dalla vicina di casa e dalla commercialista di famiglia.

SFILATA DI TESTIMONI
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CATANIA – Procede a ritmi serrati il processo a carico di Salvatore Di Grazia, accusato dell’omicidio di Mariella Cimò, sparita dalla villa dei coniugi di San Gregorio nel 2011. Una storia poco chiara quella dell’anziana donna amante dei cani e dei gatti. Nel corso del dibattimento in cui si sono susseguiti gli interrogatori a diversi testi sono emersi elementi che hanno riacceso l’alone di giallo del presunto delitto.

In prima battutta il Pm Angelo Busacca, il difensore Salvatore Rapisarda e i legali delle parti civili hanno completato l’esame di Andrea Gabriele Cicero, interrotto nel corso dell’ultima udienza che si celebra davanti alla Corte d’Assise presieduta da Rosario Cuteri per un problema tecnico di trascrizione di alcuni verbali non presenti nel fascicolo. Dalle parole del pronipote della Cimò si è potuto rimarcare lo stato di salute della settantenne. La donna teneva i cani in mansarda e riusciva a salire la piccola scala retrattile che portava al piano di sopra. Un fatto, avvalorato, anche dalle dichiarazioni del medico di famiglia che non vedeva la paziente da diversi anni, ma negli ultimi incontri l’aveva trovata “pimpante”.

La considerazione sullo stato di salute di Mariella Cimò è significativa per avvalorare l’allontamento attraverso le zone impervie della campagna circostante alla villa, perchè (dimostrazione ne sono le telecamere) la moglie di Salvatore Di Grazia non si è mai uscita dall’accesso principale dell’abitazione e dall’unica strada asfaltata presente.

E’ la testimonianza della signora La Ferlita, la vicina di casa dei Di Grazia, uno dei momenti cluo del dibattimento: si mettono di fatto dei punti su alcuni fatti fondamentali all’inchiesta. Intanto è stato asserito dalla donna che la telecamera, le cui immagini sono negli atti del processo, è posta a 300 metri dalla villa, ritenuta dall’accusa il teatro del presunto omicidio. Un dato importante se si confronta con il fatto che per diversi mesi era stato detto che la distanza era invece non superiore ai 150 metri. La Ferlita poi fornisce delle dichiarazioni de relato, cioè per interposta persona, in quanto racconta quanto le è stato detto dalla domestica che “dorme in una stanza a un centinaio di metri dall’abitazione della coppia”. Quello più rilevante è che la “colf” ogni mattina solitamente sentiva le urla della Cimò contro i cani e ad un certo punto quelle voci non ci sono state più, ed inoltre la domestica avrebbe sentito i toni accesi di una discussione tra Di Grazia e la moglie. La lite sarebbe quella che avrebbe scatenato la mano omicida dell’imputato secondo l’accusa, contrario alla vendita dell’autolavaggio (intestato alla moglie) dove secondo l’ipotesi del Pm la consorte era convinta tenesse le sue relazioni extraconiugali.

Sull’autolavaggio la commercialista, ascoltata come teste, fornisce un dettaglio che solleva alcuni interrogativi. In merito Di Grazia avrebbe detto alla consulente di procedere alla chiusura dell’attività, che poi avrebbero riaperto nel gennaio del 2012 a suo nome. Su questo punto Di Grazia, in sede di indagini, si sarebbe difeso fornendo delle motivazione di natura normativa e fiscale.


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