Meloni, Salvini e i post sui migranti: cosa dice la giudice di Catania

Meloni, Salvini e i post sui migranti: cosa dice la sentenza di Catania

Il provvedimento di Iolanda Apostolico

CATANIA – Migranti, tre sentenze della giudice Iolanda Apostolico mettono in discussione i pilastri del sistema di respingimento “veloce” contenuto nei principali provvedimenti del governo Meloni. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, già all’Interno, in un post sostiene che le “motivazioni” della sentenza coinciderebbero con gli aspetti della vita privata dei migranti. E il presidente del consiglio Giorgia Meloni lo segue a ruota. Ma cosa ha detto, realmente, Iolanda Apostolico, giudice di Catania, nelle sentenze?

Il post di Matteo Salvini sulla sentenza di Catania

Il post di Matteo Salvini

Il primo ottobre Matteo Salvini pubblica alcuni screenshot delle sentenze emesse dal tribunale di Catania, che hanno annullato il trattenimento di tre migranti ai fini del rimpatrio.

L’ex ministro dell’Interno definisce “motivazioni” la parte della sentenza che contiene il racconto della storia personale di ciascuno dei migranti. “Serve una riforma della giustizia”, conclude Salvini, mentre si scatenano i commenti dei followers che attaccano i “clandestini” e i “giudici incolti, politicizzati e correi”.

Le dichiarazioni di Giorgia Meloni

Il presidente del consiglio Giorgia Meloni sottolinea di essere “basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania”, sostenendo che le motivazioni della sentenza sarebbero “incredibili”. La leader di Fratelli d’Italia sostiene che il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale sarebbe dipeso dalle “caratteristiche fisiche del migrante che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”. La giudice sarebbe colpevole di rimettere in libertà un “immigrato illegale, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro”. In questo modo la Apostolico si sarebbe “scagliata” contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”.

Le sentenze del giudice di Catania

Tre migranti sbarcano a Lampedusa, sono senza documenti. I casi simbolo sono quelli di Aymen Mekrì, 38enne e di un altro tunisino di 31 anni. Entrambi chiedono asilo dopo lo sbarco del 20 settembre. Per legge, possono essere trattenuti al massimo 48 ore. Per errore, le forze dell’ordine li accompagnano a Palermo, subito dopo scatta il trasferimento nel centro di espulsione di Pozzallo, quello realizzato con i containers nel cuore della zona industriale, accanto a un ex cementificio.

Passano 9 giorni fino all’udienza avverso quello che è, a tutti gli effetti, un fermo che scaturisce da un decreto del Questore.

Migranti, le storie personali

Nella parte iniziale della sentenza, la giudice Iolanda Apostolico riepiloga la storia dei migranti. Aymen Mekrì, 38 anni, è pregiudicato per furto aggravato, è già stato in Italia, è stato espulso. Ha perso tre figli in Tunisia per mancanza di cure in ospedale alla moglie, secondo quanto risulta a LiveSicilia, nel passato avrebbe anche fornito false generalità e, dopo il soccorso in mare del 20 settembre 2023, dichiara di aver perso i documenti. L’altro migrante sostiene di essere perseguitato in Tunisia per alcune “linee della mano” che lo fanno considerare un porta fortuna per i cercatori d’oro del suo Paese. Si tratterebbe di bande di criminali. Il vice questore presente all’udienza, spiega che il migrante, nel passato, era stato già espulso.

Quali sono le motivazioni della sentenza

Dopo l’esame della storia personale, la giudice catanese passa alla verifica della normativa e iniziano i veri rilievi, che finiscono per travolgere i recenti provvedimenti del governo Meloni.

Dopo nove giorni di trattenimento, al posto delle 48 ore stabilite dalle leggi, la giudice ricorda che “il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda” e che “il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale”.

A questo punto la Apostolico cita le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea e due articoli della direttiva 2013/33/UE, secondo cui “il trattenimento non può avere luogo senza la previa adozione di una decisione motivata”. Si tratta delle basi di uno Stato di diritto: citando la Corte Costituzionale, la giudice “disapplica” la normativa interna “ritenuta incompatibile con quella dell’Unione” perché il provvedimento del questore che dispone il “trattenimento” dei migranti, “non è corredato da idonea motivazione”.

Come cadono le leggi del governo Meloni

La questione della storia personale del “cercatore d’oro”, non c’entra alcunché con la motivazione della sentenza catanese.

La giudice esamina il pastrocchio del governo Meloni, di recente conio, che prevede “una garanzia finanziaria” di 5mila euro. La sentenza sottolinea che quella dell’esecutivo “non si configura come unica misura alternativa al trattenimento, ma come requisito minimo imposto al richiedente prima di conoscere i diritti conferiti dalla direttiva europea, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”. In pratica la giudice contesta l’automatismo previsto dal governo Meloni, che fa scattare 5mila euro di fideiussione con la semplice richiesta di asilo politico. Questa legge – scrive la giudice – non è compatibile con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013733, come interpretati dalla Corte di giustizia”.

Le direttive, infatti, stabiliscono che gli Stati membri “possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali”. E le decisioni, devono essere assunte “entro un termine ragionevole”. La direttiva non autorizza l’applicazione della procedura alla frontiera, che è il presupposto del trattenimento dei migranti.

Ma il passo più importante è che il fatto che la Tunisia sia considerato un Paese “sicuro” all’interno di un elenco ministeriale, non può “privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere la protezione internazionale”.

Considerata, quindi, la fideiussione “illegittima” da versare come unica strada per la richiesta di protezione internazionale, la giudice dichiara che “non sussistono i presupposti per il trattenimento del richiedente asilo”.

E dispone il rilascio dei migranti.


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