Chi è Antonio Marano, | l'uomo "sepolto" all'Ucciardone - Live Sicilia

Chi è Antonio Marano, | l’uomo “sepolto” all’Ucciardone

Storie dal carcere
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Doveva scontare 16 mesi, s’è presentato ai carabinieri. Il carcere doveva rieducarlo, ha ucciso e non è più uscito

Questa è la storia, di uno di noi, nato per caso nelle campagne di Mascali, in una casa fuori Catania, anno 1944. Antonino Marano è u minnjanu, il mediano di 5 figli, madre casalinga, padre bracciante, “che quando lui veniva da lavorare, e diceva a mia madre, ‘Maria ho guadagnato poco’, io mi prendevo una borsa e andavo in campagna a raccogliere verdura selvaggia, poi rubacchiavo qualche peperone, melanzana e pomodoro”. Antonino a 18 anni prende e va a fare il manovale “e siccome il muratore che io lavoravo che noi in siciliano diciamo u mastru, faceva i lavori a Mascali e nei paesi vicini e anche più lontani, e dovevi essere sul posto di lavoro alle sei di mattina e io ci dovevo andare a piedi e non avevo niente per velocizzare il cammino, un giorno me ne sondo andato a rubare una bicicletta a Giarre e poi, lo ammetto, pure un Motom 48, e così mi sono spianato la strada alla mia rovina, però il male che ho fatto alla società libera sono stati solo questo: i peperoni, la bicicletta e il Motom”. A 19 anni si sposa fa due figli e dopo qualche mese “mi hanno arrestato per il Motom, che poi quando il processo per i peperoni, la bicicletta e il Motom è finito, mi hanno fatto il cumulo (delle pene, ndr)e mi hanno sistemato per 11 anni”. Questa è la storia di uno di noi che nel 1966 viene definitivamente arrestato, che si affaccia fuori dal carcere nell’ottobre 1971 e riabbraccia la moglie giusto il tempo di fare la terza figlia. Gli restano da scontare 16 mesi da una parte, 3 anni 4 mesi e 27 giorni da un’altra. Si presenta ai carabinieri di Giarre, spiega che ha un appuntamento con la galera, entra in carcere per scontare gli ultimi 16 mesi. E da allora non è uscito più. Da Catania viene trasferito a Pianosa, poi a Termini Imerese, poi di nuovo a Pianosa e di nuovo a Catania. Qui uccide un detenuto che lo aveva aggredito a coltellate mentre andava a colloquio dalla moglie e si prende 27 anni. Qui, nell’ottobre 1976, scoppia una rivolta, due detenuti vengono uccisi, qualche pentito lo tira di mezzo, viene indiziato, prosciolto e trasferito a Porto Azzurro. Poi ad Alghero, scoppia l’emergenza terrorismo e finisce coi Br all’Asinara. Poi Palmi. Altra emergenza (e nuovi pentiti, questa volta Br) spingono Marano verso altri 6 anni di carcere da scontare a Pianosa. Altra emergenza, questa volta di camorra, Marano finisce a Napoli, addirittura nel processo Enzo Tortora. Dopo 7 mesi è assolto, fine delle emergenze? Nel 1984 Marano capisce perché, tra un Motom 48 e un’aggressione finita male per l’aggressore, il carcere sarà la sua tomba. Gli succede questo: qualunque sia il crimine che viene commesso, in carcere o fuori – giacché non era mai più uscito di galera dal giorno in cui si presentò ai carabinieri di Giarre per scontare i 16 mesi “che così mi tolgo il pensiero e ritorno libero di tutto” – Antonino Marano viene chiamato in correo dal pentitismo, sia esso di camorra, mafia o terrorismo. Epaminonda lo tira dentro in un’infinità di fattacci, assaggia le “migliori” carceri del Nord, esce assolto da tutti i processi. Tranne uno, “il sentito dire dal sentito dire” lo carica di un ergastolo. La classifica delle prigioni italiane Marano stila la lista delle sue prigioni: “Ho fatto un’analisi dei miei 40 anni di galera, il miglior carcere dei ‘normali’ è Favignana, il peggiore è Sassari; il peggiore degli speciali era l’Asinara, il migliore Voghera”. Dove Marano approda, nel 1988, e dove “nonostante quegli 8 anni di isolamento da cani, la Regione ci faceva vivere e per me fu la migliore galera che ho fatto e, credimi, per quel lavoro che mi faceva fare in carcere la Nuova Spes (società creata dalla Regione Lombardia, ndr) mi sentivo realizzato che mandavo quel milione al mese a quella povera sventurata di mia moglie”. Emergenze finite? Volete scherzare? Dopo gli omicidi Falcone e Borsellino arriva il 41 bis. E chi ci mettono al 41 bis? Nel 1998 la speranza è una classica rondine che non fa primavera. Marano viene chiamato in direzione del carcere, a Voghera: “Caro Nino, sai cosa c’è di nuovo? Ti declassifichiamo, basta con il 41 bis, basta con lo speciale, ancora poco e conoscerai anche tu la semilibertà”. E invece sequestrano Soffiantini, altra emergenza. Voi direte, e che c’entra Marano? Che c’entra uno che chiamano “il killer delle carceri”? Per questo Marano Antonino detto Nino, è ancora oggi sepolto a Palermo, carcere dell’Ucciardone, sezione massima sicurezza. Il figlio imbianchino che sta a Friburgo, Svizzera, a Capodanno s’è fatto 2.000 chilometri per fargli conoscere i nipotini, ma non l’ha potuto vedere. Disse il magistrato di sorveglianza: “Marano Antonino, detto Nino, è ancora sotto osservazione”. Non fu concesso all’osservato nemmeno il saluto al fratello morente di cancro, un passaggio al suo funerale, un commiato sulla bara del padre, una prece sul feretro di un altro fratello.

tratto dal sito www.casadellamore.it


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