Catania, chiude l’Utic all’ospedale di Acireale, PD: “Mai funzionato”

Chiude l’Utic dell’ospedale di Acireale, il PD: “Non ha mai funzionato”

La nota della segreteria provinciale

CATANIA – “È di qualche giorno fa la notizia secondo cui il reparto di terapia intensiva cardiologica (UTIC) dell’Ospedale Santa Marta Santa Venera di Acireale avrebbe cessato le sue attività. La notizia però non è che l’UTIC cessi le sue attività, ma che, non le abbia mai iniziate. L’Utic di Acireale, allestita con fondi COVID, infatti, non ha mai funzionato a causa della carenza di personale sanitario adeguato. È lecito a questo punto chiedersi che senso abbia spendere soldi pubblici destinati alla sanità in strutture o strumentazioni che poi restano inutilizzate”. Inizia così la nota di Maria Grazia Leone, segretaria provinciale del PD, e del componente della segreteria Francesco Sangrigoli.

L’interrogativo del PD

“In un momento storico come quello attuale, in cui è evidente a tutti l‘affanno in cui versa il sistema sanitario nazionale – proseguono i vertici del PD – in cui si chiede a medici e cittadini austerità, perché non ci sono risorse e si fa la conta dei tagli, è etico issare cattedrali e lasciarle deserte? Sarebbe utile, a questo punto, avere almeno contezza su che fine faranno letti e strumentazioni di ultima generazione chiusi in un reparto e mai utilizzati. Prima di ogni altro investimento occorrerebbe investire sulle risorse umane. Formazione e arruolamento del personale sanitario sono imprescindibili e devono essere alla base di ogni idea o proposta di ristrutturazione del Sistema Sanitario Nazionale”.

L’importanza delle Utic

Leone e Sangrigoli poi ricordano che le “Utic hanno straordinaria importanza sul territorio in quanto entrano a far parte della rete IMA”. “Il reparto acese, inaugurato a fine 2022, è stato allestito con strumentazione di ultima generazione ed ha avuto un costo che si aggira intorno al milione e mezzo di euro – si legge sempre nella nota -. È di questo che vorremmo parlare, di incentivazione sulle specialità che vanno deserte (medicina d’emergenza, chirurgie, anestesia e rianimazione, radioterapia, tutti gli ambiti in cui i medici sono esposti a maggiori responsabilità e che non sono spendibili nel privato), di borse di studio incrementate e assegnate non per graduatoria nazionale ma per scelta di specialità”.

La polemica

Di questo vorremmo parlare, di come eliminare il tetto di spesa per l’assunzione del personale, che non ha mai determinato un risparmio reale, e di come iniziare a debellare il fenomeno dei gettonisti. Di come impedire che a forza di inerzia si compia il processo di privatizzazione del SSN figlio di Tina Anselmi, pubblico e universalistico. Non sempre e solo di polemiche e rinvii sulle spartizioni delle poltrone e di riforme che servono solo a moltiplicarle – concludono – mentre i cittadini vedono il loro diritto alla salute limitato dalla distanza che li separa dal presidio ospedaliero più vicino o peggio dalla possibilità di fare leva sulla loro capacità reddituale.

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