Massimo Ciancimino non deporrà al processo di Appello a Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La decisione è della seconda sezione penale della corte d’Appello di Palermo, presieduta da Claudio Dell’Acqua (a latere Sergio La Commare e Salvatore Barresi). I giudici hanno bollato il figlio di Don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo, come “contraddittorio” nelle dichiarazioni rese sul frammento di lettera trovato in una perquisizione a casa sua, in cui si faceva riferimento a delle minacce indirizzate nei confronti di Silvio Berlusconi e perpetrate dai boss ai vertici di Cosa nostra. Secondo quanto dichiarato ai pm di Palermo il tramite della missiva sarebbe stato proprio Dell’Utri. Ma la corte non ha ritenuto la testimonianza di Ciancimino “di utile rilievo e apprezzamento processuale” al punto da riaprire il dibattimento.
Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl già condannato a 9 anni in primo grado, stamane si è presentato in aula. Scuro in volto, visibilmente dimagrito, ha solo detto “c’è tempo, aspettiamo” quando i giudici si sono ritirati in camera di consiglio per decidere l’ammissibilità della testimonianza di Massimo Ciancimino in merito alla lettera minatoria indirizzata al presidente del Consiglio. La richiesta era stata avanzata, prima dell’estate, dal pg Nino Gatto che, leggendo i verbali di interrogatorio di Massimo Ciancimino, aveva ravvisato un’ulteriore prova a carico dell’imputato.
Di diverso parere sono stati i giudici. Non hanno ravvisato il “carattere eccezionale” che consente la rinnovazione del dibattimento. Nei verbali di interrogatorio di Ciancimino jr (30 giugno e 1 luglio 2009) “emerge una continua e non sempre sanata contraddittorietà delle dichiarazioni rese” scrivono i giudici nell’ordinanza di rigetto della richiesta del pubblico ministero. Pare, infatti, che Ciancimino abbia offerto diverse collocazioni temporali della lettera in questione in contraddizione fra loro, oltre a non conoscere la provenienza e l’effettiva certezza che il foglio sia stato consegnato a Dell’Utri.
La collocazione temporale. “Nel 1999-2000” aveva sostenuto in principio Ciancimino per poi ricollocare la lettera nel 1992. Un fatto che si contraddice da sé laddove si fa riferimento a Berlusconi con l’appellativo di “onorevole”, titolo che non otterrà prima del 1994. “So benissimo i periodi che mio padre era a casa… sono stati fino al dicembre del ’92 e dopo il ’99 fino al 2002. Questo documento fa parte del periodo diciamo prima dell’arresto del 23 dicembre 1992” ha detto Ciancimino ai pm che lo hanno interrogato. Poi ancora “è tra il ’90 e il ’92”; infine “è sicuramente prima delle stragi” per poi cambiare in “poco prima dell’arresto”.
Ciancimino, inoltre, nei verbali di interrogatorio, dimostra di non conoscere lo sviluppo della vicenda. “Perché qua si tratta di una storia che non so se poi alla fine è risultata vera, se è riuscita, non è riuscita…” ha detto ai magistrati. E alla domanda del pm se la lettera fosse mai stata consegnata Ciancimino risponde: “non lo so, erano indirizzate a Dell’Utri, non so se… mio padre fondamentalmente non aveva modo di recapitarle a Dell’Utri”. Nelle dichiarazioni di Ciancimino, concludono i giudici, “non emergono condotte o fatti in termini specifici riconducibili al Dell’Utri”. Il processo è proseguito con l’inizio della requisitoria che continuerà venerdì 25 settembre.