Ciancimino jr e le raccomandazioni | Il racconto di un teste al processo - Live Sicilia

Ciancimino jr e le raccomandazioni | Il racconto di un teste al processo

Massimo Ciancimino

I carabinieri indagavano sul figlio di don Vito che riceveva anche richieste di assunzione.

La trattativa stato-mafia
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PALERMO – Contrasti tra apparati investigativi, blocco improvviso delle intercettazioni, documenti che restano nei cassetti prima di finire sul tavolo dei magistrati, distrazioni sospette ma anche tanti “non ricordo”. Per tre ore il colonnello dei carabinieri Antonello Angeli ha tenuto la scena al processo per la trattativa Stato-mafia raccontando i “buchi neri” delle indagini su Massimo Ciancimino e sul suo inesauribile “tesoro”. E proprio mentre era al centro della bufera il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo riceveva anche richieste di raccomandazione da parte di personaggi insospettabili. Grande fu la sorpresa di Angeli quando tra le intercettazioni sentì il comandante provinciale dei carabinieri di Milano (e altre volte anche la moglie dell’ufficiale) che chiamava Ciancimino jr per segnalargli la figlia perché fosse assunta in una compagnia aerea. A quel tempo Ciancimino era tenuto sotto controllo per le sue operazioni finanziarie e per la grande produzione di carte che tirava fuori dall’archivio del padre per disegnare le tracce di una “trattativa” tra mafia e Stato con il padre nel ruolo di grande mediatore.

Le indagini promettevano importanti sviluppi ma un giorno il colonnello Angeli apprese dal sostituto procuratore Roberta Buzzolani che le intercettazioni venivano sospese. Il magistrato e l’ufficiale scambiarono parole pesanti e solo più tardi Angeli ricevette dal procuratore aggiunto del tempo, Giuseppe Pignatone, la notizia che l’indagine su Massimo Ciancimino veniva riaperta. Tutto questa accadeva in un momento di grandi frizioni sia a palazzo di giustizia sia al nucleo operativo dei carabinieri. Angeli ha parlato di forti divergenze sulle linee investigative tra lui e i suoi superiori, i colonnelli Giammarco Sottili e Francesco Gosciu.

I contrasti esplosero anche durante la perquisizione in casa di Massimo Ciancimino e in un suo magazzino. Si cercava un assegno diretto a Silvio Berlusconi o proveniente da lui: ne aveva fatto cenno lo stesso Massimo Ciancimino. Dell’assegno non c’era traccia. Vennero trovati invece documenti di grande interesse tra cui una lettera dai toni “minacciosi” con cui Vito Ciancimino chiedeva a Berlusconi di avere a propria disposizione una rete televisiva, due dattiloscritti dell’ex sindaco (“Le mafie” e “La politica”) e un manoscritto intestato: “I carabinieri”. Angeli ha detto di avere informato subito il colonnello Gosciu che però gli disse di non sequestrare nulla perché era “documentazione falsa già in possesso dei magistrati”. Angeli decise di sequestrare lo stesso quelle carte e di fotocopiarle temendo che potessero “sparire”. Questo era il clima intossicato in cui, secondo Angeli, si conducevano le indagini su Massimo Ciancimino. Su molti dettagli però l’ufficiale ha dato versioni contrastanti con altre dichiarazioni e spesso ha risposto: “Non ricordo bene”.

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