La citazione, teoria e prassi: emblema culturale o retorica persuasiva?

La citazione, teoria e prassi: emblema culturale o retorica persuasiva?

Citare ci piace ed è gratificante

Citare ci piace: lo sfoggio di cultura, di memoria, o di tutt’e due è gratificante. Come la “forbice economica” tra ricchezza e povertà, va sempre più divaricandosi anche una “forbice culturale” tra i digitatori di cmq e xché (mi taccio, per dignità, su coloro che registrano i messaggi vocali), e gli acculturati che iniziano le frasi con “come recita…”.

Chi è in grado di citare, cita spesso, e volentieri. Esistono la citazione all’interno del testo, breve, evidenziata da virgolette; la citazione a blocchetto, troppo lunga per essere inserita nel corpo del testo, quindi riportata a capo in corpo minore, senza virgolette; le citazioni in nota, da volume, da saggio, da rivista; le citazioni bibliografiche.

Citazione come rafforzativo

Vi è persino la citazione nella citazione, che riunisce una fonte primaria, la citazione di un autore, e quella secondaria, la citazione di un autore da parte di un altro autore. Perché si cita? Anzitutto per rafforzare la propria opinione.

Secondo lo scrittore Andrea Temporelli è legittimo affidarsi alla citazione di un’auctoritas . Attenzione, però: quando si innalza il livello della discussione “si sollecita il proprio interlocutore su un piano prettamente culturale, se non addirittura erudito”, e, qualora fosse più preparato di noi, elevare il confronto “potrebbe rivelarsi un clamoroso autogol”.

Di contro, una citazione cara anche all’interlocutore, o al lettore, può sortire l’effetto positivo di creare una sintonia. Infine, evitiamo l’errore di eccedere: “Troppe parole d’altri finirebbero infatti per lasciar supporre una mancanza di pensiero proprio”.

Le citazioni artistiche

Abbiamo poi le citazioni artistiche. Lucilla Meloni, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, nel raffinato saggio apparso su Roots and Routes, “Riflessioni intorno alle pratiche della citazione nell’arte contemporanea”, premette che “l’arte è sempre stata un guardare e un guardarsi” secondo la continuità ininterrotta che lega opera ad opera descritta da Andrè Malraux.

E se nel Novecento la linea di continuità col passato si era incrinata, ora “si assiste a un’inaspettata sopravvivenza delle pratiche della citazione”, operazione critica frequente: l’artista guarda a un’opera a lui temporalmente lontana, o vicina, o addirittura contemporanea, per reinterpretarla, confermandone l’attualità.

Citazione, sintomo d’amore

“La citazione è sintomo d’amore”: Francesco Ciabattoni, docente di Letteratura Italiana alla Georgetown University di Washington, nel saggio “Cantautori italiani e memoria letteraria” svela come la nostrana canzone d’autore sia infarcita di cultura, tanto che un gran numero di citazioni da poesie e romanzi è presente nei versi dei più grandi cantautori, che, anche inconsapevolmente, hanno nutrito i nostri sogni giovanili.

Alzando il tiro nel panorama musicale, per Robert Schumann la citazione era strumento di poetica. Secondo il musicologo Andrea Malvano – che in “Voci da lontano. Robert Schumann e l’arte della citazione” compie una dotta disamina della funzione della citazione -, con il compositore avviene il passaggio dalla motivazione affettiva o funzionale della citazione alla funzione concettuale del “prestito melodico” non più accessorio, ma elemento fondante della stessa ispirazione artistica.

Gli eterni ritorni

Letteratura, arte, musica, sono intessute di sopravvivenze e di eterni ritorni. I modelli a cui ispirarsi sono infiniti, le ripetizioni inarrestabili. Il gioco ad incastro delle parole è imprevedibile, ma resta ancorato ai lemmi del passato non meno che ai neologismi.

Sul connubio tra ripetizioni e novità scorre il filo del discorso, e si determina un ritmo, che, quello sì, può risultare anche nuovo.

La citazione per stupire

Ogni dialogo che instauriamo, scritto, parlato, artistico, musicale, giuridico, e così via, presuppone un interlocutore; per stupirlo, per impressionarlo, ricorriamo a “invenzioni”, talvolta appropriandoci di immagini o frasi partorite dall’ingegno di un altro.

E a questo risponde la citazione, a rinnovare il principio di invenzione; non al nostro ego, dunque, ma alla sopravvivenza di una creazione che ci precede in un arco temporale, nella quale ci siamo imbattuti, che ci è piaciuta tanto da mandarla a memoria, o da riprodurla, che ha marcato una consonanza, persino una identificazione con l’autore.

Aforismi, slogan, citazioni…

L’attuale realtà aumentata ci bombarda costantemente, oltre che di immagini, di aforismi, frasi ad effetto, slogan pubblicitari, e citazioni, alcune del tutto inventate, destinate a un acritico consumo collettivo, paragonabili a un mangime per polli.

Navigando sul web, d’altra parte, chiunque si può impossessare di testi e immagini, riprodurli, modificarli, persino utilizzarli a fini illegali. Nessuno può rilasciare un attestato di autenticità su qualcosa.

Riguardo alle citazioni letterarie, ricordiamo almeno i principi fondamentali. La citazione deve essere esatta, altrimenti, meglio non farla. Citare è bello perché significa che qualcuno ci ha consegnato un pensiero così vicino al nostro che è diventato parte del nostro patrimonio.

Le citazioni “non ortodosse”

Ma citare un autore non significa, perdonate il calembour, assumerne l’autorevolezza. E se usiamo in modo strumentale una saggia citazione per giustificare un comportamento non ortodosso, la frase lapidaria non lo legittima, né lo migliora.

Detta in modo immediato e mediatico: se cito Seneca, non ho l’autorità morale di Seneca. Se ripeto un concetto espresso da Seneca in determinate circostanze, citarlo non conferisce di per sé dignità o giustificazione alle mie azioni. La citazione volta a corroborare accuse infondate così frequenti sui social ha valenza assolutoria del tutto autoreferenziale.

Per concludere, coerentemente, con una citazione, leggiamo nel geniale “Dizionario del Diavolo” di Ambrose Gwynnette Bierce che “Accusare”, significa “Dichiarare le colpe e i difetti di qualcun altro, specialmente per giustificarsi di avergli fatto torto”; e che l’“Accusatore”, è un “Ex amico. Persona a cui si è reso almeno un importante servizio”.


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