CATANIA – Che il clima intorno al Calcio Catania sia davvero pesante è cosa nota ormai da tempo. Quasi di piombo, vista la notizia delle pallottole fatte recapitare all’indirizzo del patron Nino Pulvirenti. Il punto è però un altro. Mai come ora la distanza tra la società rossoazzurra e sua la tifoseria è stata così ampia; in mezzo una Torre del Grifo percepita dai più come un presidio inaccessibile. Le tante scritte che invocano l’uscita di scena del presidente, i cori che silurano il direttore sportivo Pablo Cosentino, sono la cifra di una frattura divenuta ormai insanabile. Sullo sfondo non c’è soltanto lo spettro della seconda retrocessione consecutiva, ipotesi che fa schizzare le transaminasi di qualsiasi tifoso catanese. C’è semmai la percezione che un’eventuale discesa negli inferi delle Lega Pro possa innescare un processo economicamente nocivo per la squadra che fu di Angelo Massimino prima ancora che di Pulvirenti. Con delle ricadute in negativo anche per il territorio.
Un incubo, dunque. Il ritorno di un rimosso che nella mente di tanti varrebbe quanto un improbabile passo indietro verso l’estate del ‘93, quando il Calcio Catania dovette ripartire dall’Eccellenza. Entro questo clima già di pe sé esasperato, l’inaugurazione del murale vergato di rossoazzurro e dedicato a Candido Cannavò, storico direttore della Gazzetta dello Sport, è apparso come un terribile deja vu. Se si aggiunge che a benedirlo c’era, ma non fisicamente, Enzo Bianco, il sindaco che oggi come allora era alla guida di Palazzo degli Elefanti, si capisce come dietro alle polemiche delle settimane scorse ci fosse qualcosa di ben più viscerale rispetto a un fatto di colore.
La verità è che ormai fanno un po’ tutti gli scongiuri. Sia dentro che fuori il Massimino. E se da un lato la retrocessione dello scorso anno è stata accolta come la semplice defezione di un progetto, con una tifoseria che si è fatta sentire solo a fine campionato, in occasione del match con la Roma di Totti (peraltro vinto con uno score del tutto clamoroso); oggi c’è la percezione che la crisi del Catania verta tutta sulla sua governance interna. Ne è convinta la Curva Nord, colonna portante della tifoseria rossoazzurra. Il successo e il consenso riscosso in occasione dello sciopero proclamato a dicembre l’hanno resa di nuovo interprete degli umori di una comunità cittadina che vivrebbe come un’ennesima umiliazione l’uscita di scena del Catania dal Calcio che conta.
Insomma, oltre le scritte, il punto vero non verte sostanzialmente sulle dimissioni di Pulvirenti, ma sulla messa in cantiere di un patto con la città che possa invertire sul serio la rotta di una stagione forse non ancora compromessa del tutto. Intanto domenica si tiferà e tanto. In cantiere c’è addirittura una coreografia ad hoc. La scopo è in primo luogo quello di sostenere una “maglia” più che una struttura societaria. Il segno concreto che il Catania, nonostante tutto, non è solo. Quella con l’Avellino si appresta a essere una mobilitazione sì pacifica ma pregna di passione. Ma anche un gesto di apertura che non vuole rimanere unilaterale. E che non vuole essere posto ai margini.