CATANIA – La Comunità ebraica di Catania guidata da Baruch Triolo, non è “ribelle” e ha pieno titolo per operare come ente rappresentativo dell’ebraismo siciliano. È quanto ha deciso il Tribunale di Catania, respingendo i ricorsi dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) e della Comunità Ebraica di Napoli.
Al centro delle contestazioni, si legge in una nota, c’era l’utilizzo del termine “comunità” da parte dell’associazione catanese, che il giudice ha stabilito essere pienamente legittimo.
Questa locuzione, si legge infatti nella sentenza, “può essere utilizzata in una accezione politico-sociale, quale gruppo di individui organizzati secondo la tradizione dell’ebraismo, a prescindere dalla forma giuridica assunta nell’ordinamento giuridico italiano”.
La Comunità ebraica di Catania, prosegue il giudice, non ha interferito “in alcun modo” con le attività delle ricorrenti, e dunque ha pieno titolo per operare nel rispetto delle libertà di pensiero, coscienza e religione garantite dalla Costituzione.
“Noi non secondi a nessuno”
Commenta l’avvocato Giuseppe Sciacca, che rappresenta la comunità ebraica di Catania: “Quella del Tribunale di Catania è una sentenza ben fatta, che fa propria la nostra difensiva e che è suffragata da un’attenta ricostruzione terminologica e storica, oltreché da un richiamo puntuale alla normativa di rango costituzionale e sovranazionale più moderna”.
“Il giudice – continua Sciacca – conferma la legittimità della costituzione della Comunità ebraica di Catania e della sua denominazione, che ha superato brillantemente il vaglio giudiziario. Oggi siamo stati riconosciuti in sentenza per quello che siamo ormai da anni, ovvero un valido ente rappresentativo dell’ebraismo siciliano, non secondo a nessuno”.
Ucei: “Il Tribunale non ha colto i punti salienti”
Commenta la sentenza anche l’Ucei, che aveva fatto il ricorso al centro della sentenza. Scrive l’Ucei in una nota: “Pur nel doveroso rispetto di ogni sentenza, non possiamo esimerci dall’osservare che la pronuncia del Tribunale di Catania non ha purtroppo colto i punti salienti della vicenda”.
La vicenda, continua la nota, “non riguarda la libertà religiosa di un’associazione, ma la tutela di un nome, Comunità Ebraica, che in base alla legge italiana appartiene in via esclusiva a quelle realtà che sono istituzioni tradizionali dell’ebraismo in Italia e formazioni sociali originarie, ovvero a quelle, anche di nuova costituzione, riconosciute con decreto del Presidente della Repubblica”.
“Il gruppo di Catania – continua la nota – potrà scegliere se proseguire la propria attività in forma semplice ed associativa oppure se entrare a fare parte del sistema istituzionale dell’ebraismo italiano, laddove ne ricorrano i presupposti di legge e di statuto”.
“UCEI e la Comunità Ebraica di Napoli, territorialmente competente per il Meridione, nel confermare il proprio interesse a sviluppare e sostenere iniziative ebraiche in tutto il Sud Italia, stanno valutando le azioni da intraprendere per proseguire l’impegno di difesa della trasparenza e della corretta applicazione di norme poste a tutela degli ebrei italiani e dell’ebraismo italiano, nonché dei percorsi di conversione e corretta rappresentanza territoriale”.
Già nel 2022, in occasione dell’inaugurazione della sinagoga di Catania, l’Ucei aveva diffuso una nota in cui sottolineava di essere “l’unico soggetto legittimato a istituire una nuova Comunità Ebraica nel territorio del nostro Paese”.