PALERMO – Giuseppe Castiglione si trova in mezzo al guado di due crisi, tra Roma e Palermo. La prima è certamente la più delicata per il coordinatore del Pdl siciliano, vicinissimo ad Angelino Alfano. Nel giro di 48 ore, i berluscones devono decidere il da farsi di fronte a un bivio epocale. Che può portare alla storica rottura col cerchio magico di Silvio e verso la nascita dell’eterna incompiuta, un movimento politico che riproponga sul serio in Italia lo schema del Partito popolare europeo, una sorta di Dc 2.0, che si smarchi dalle tentazioni populiste per qualificarsi come moderato, non solo a parole. Si attende solo il verbo di Angelino Alfano, leader naturale di questo nuovo progetto politico. Ma mentre quest’intervista ha luogo, il vicepremier dimissionario è a colloquio da Berlusconi, pare per scongiurare la scissione. Che Castiglione non dà per scontata: ma serve che i falchi del Pdl scendano a più miti consigli per scongiurarla. Complicato. “Nessuno mette in discussione Berlusconi”, precisa Castiglione, che in merito alla crisi siciliana, invece, ribadisce la vocazione di opposizione del Pdl, pronto nel rispetto dei ruoli a confrontarsi su provvedimenti concreti con Rosario Crocetta. “Che “non è Enrico Letta, purtroppo”, dice il politico catanese.
Onorevole Castiglione, alla vigilia della discussione sulla fiducia a Letta, il Pdl rischia di spaccarsi. Lei ha già detto che ritiene un errore staccare la spina all’esecutivo. Resta della sua idea anche dopo l’incontro di ieri con Berlusconi?
“Quest’esecutivo sta lavorando bene, pur nelle difficoltà che ci sono. Sarebbe grave aprire la crisi di governo in questo momento, perché non riusciremmo ad approvare la legge di stabilità e a quel punto la farebbe la trojka europea. La debolezza industriale ed economica del nostro Paese, che si è manifestata negli ultimi giorni con tutta una serie di vicende emblematiche, impone un rilancio”.
Il governo va salvato anche a costo di una scissione tra i berlusconiani?
“Per quanto riguarda il futuro del Pdl, ci sarà il transito a Forza Italia nella misura in cui non sia un partito che non sia in mano agli estremisti. Ma piuttosto un grande partito che punti a una larghissima aggregazione. Immagino in particolare un ancoraggio forte sul piano europeo al Ppe. Se Forza Italia sarà tutto questo è chiaro che una gran parte di noi aderirà. Serve una leadership forte. Nessuno certamente mette in discussione Berlusconi, ma oggi la guida del partito è assicurata da Alfano e così dovrebbe continuare a essere”.
E se tutto questo non fosse? Ognuno per la sua strada?
“Se tutto questo non succederà è chiaro che l’idea di costruire questa grande area di moderati resta al centro. È questo l’obiettivo principale. Non è mai successo che un partito chieda ai propri parlamentari di dimettersi, non mi pare questo un partito moderato”.
Quindi lei voterà la fiducia?
“Ascolteremo il presidente del Consiglio. È determinante cosa dirà. Se l’operazione dovesse essere quella di una maggioranza risicata, non è quello che ci interessa. Serve un’alleanza strategica che si dia un orizzonte temporale di grande respiro. Almeno fino a dopo la conclusione del semestre europeo”.
In quel tipo di scenario aprireste una collaborazione con l’Udc o con Scelta civica?
“A quel punto le sigle non contano più. Conta il riferimento europeo”.
Intanto anche in Sicilia il governo traballa. Crocetta dopo la rottura col Pd si trova senza maggioranza. Dal Pdl sono arrivati segnali di apertura. Ripeterete lo schema Letta anche all’Ars?
“A Roma c’è Letta, in Sicilia c’è Crocetta. Putroppo non è la stessa cosa. Noi siamo opposizione a questo governo. Apprezzeremmo se la giunta si esprimesse con atti e non con parole. Noi vorremmo che entro il 15 ottobre si presentasse la legge di stabilità. Il presidente ci dica come vuole affrontare la grave situazione economica della Sicilia. Su quello ci possiamo confrontare, ma da opposizione”.
Chiede atti concreti al governo. Quali?
“Chiediamo disegni di legge. Il primpo è la legge di stabilità, come ho detto. Il secondo tema è la grave situazione finanziaria dei Comuni. Qua il problema non è assicurare la festa patronale ma i servizi. E poi c’è un terzo capitolo”.
Quale?
“I servizi pubblici locali. Vogliamo fare una legge moderna. Nel frattempo stiamo perdendo un miliardo destinati alla depurazione, già assegnati dal Cipe. Vogliamo una legislazione moderna sui servizi pubblici locali: acqua, rifiuti e trasporto pubblico. Poi c’è un altro grande tema che riguarda l’assetto delle nostre istituzioni. Noi siamo per una definizione delle funzioni di comuni, consorzi e Regione. Immaginiamo un sistema dove ci sia una gestione associata delle funzioni per i piccoli comuni. Sono questi gli atti concreti su cui vorremmo confrontarci”.