Conte ha agito al meglio | Ora il momento più difficile - Live Sicilia

Conte ha agito al meglio | Ora il momento più difficile

Quello che fin qui è accaduto, in attesa del futuro.

Semaforo russo
di
5 min di lettura

Non si tratta di firmare cambiali in bianco o di acritica adesione al governo presieduto da Giuseppe Conte, modalità di giudizio sul potere pubblico mai appartenute a chi scrive, ma riconoscere innanzitutto, premessa indispensabile, l’assoluta (e funesta) novità di quanto stiamo vivendo da mesi. Tant’è vero che non abbiamo avuto e non abbiamo, sul fronte sanitario, certezze pregresse o attuali che ci abbiano potuto aiutare nel contrasto al Covid-19, né, sotto l’aspetto giuridico, un sistema collaudato di norme di vario rango da attivare nel caso di un’emergenza sanitaria devastante.

Anzi, al contrario, il Titolo V della Costituzione, di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, ha aggiunto confusione a confusione, particolarmente in materia di sanità, materia di competenza regionale che dovrebbe invece essere trattata in maniera unitaria, ben oltre i livelli minimi d’assistenza da assicurare su tutto il territorio nazionale, specialmente in caso di epidemie e pandemie che non riconoscono confini. Lo dimostrano, tragicamente, palesi errori, distrazioni e omissioni (probabilmente motivati dalla paura di bloccare i processi produttivi) commessi localmente, specie nel ricco settentrione, che hanno creato focolai, decessi e contagi.

Le regole di comportamento devono essere nazionali. Troppi interessi elettoralistici si scorgono nei comportamenti di alcuni governatori e sindaci. Ritardi, mancanza di presidi sanitari e macchinari, carenza di personale medico e infermieristico e di posti di terapia intensiva e sub-intensiva sono da ascrivere prima che allo Stato alle regioni che hanno usato male l’autonomia, ordinaria o speciale, senza contare le innumerevoli inchieste giudiziarie e sentenze definitive che certificano corruzioni e la criminale predazione (in Sicilia ne sappiamo qualcosa) perpetrata in danno della sanità pubblica a causa di politici e imprenditori (magari collusi con la criminalità organizzata) privi di scrupoli, di qualsiasi colore e schieramento. Al Sud come al Nord.

Da qui l’imperativo, poi, di imporre imponenti risanamenti di bilancio alle regioni stesse e, a cascata, alle aziende sanitarie. Prendersela con il governo Conte dopo decenni di tagli e di sperperi nel settore della salute pubblica sa tanto di ricerca di un alibi da parte di forze politiche che governano o hanno governato le nostre regioni con enormi responsabilità nel collasso della sanità pubblica.

Più complicato operare in un contesto di continuo adattamento all’evolversi di un virus con le correlate conseguenze sociali ed economiche da affrontare con provvedimenti appropriati. Qualche errore? Certo. In realtà, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, su cui si sta caricando il peso enorme dell’emergenza, ha agito al meglio – lo provano le incredibili sottovalutazioni della diffusione pandemica di altri Paesi civilissimi – a condizioni e conoscenze date, cioè sulla base delle raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico della Protezione Civile – alle prese a sua volta con qualcosa di imprevedibile dal punto di vista epidemiologico – e con una proporzionalità suggerita dall’aggressività del Covid-19 per tentare di contemperare diritti costituzionalmente garantiti mantenendo preminente quello alla salute.

Conte si trova impegnato anche sul crinale europeo per approntare subito una risposta forte, comune e risolutiva, insieme a un “piano Marshall” del post-tempesta. L’Eurogruppo ha predisposto una serie di proposte e il Consiglio Europeo di giovedì 23 aprile ha finalmente aperto a sostegni finanziari di rilevante importanza per rinascere dalle macerie del coronavirus, in particolare il Recovery Fund (Fondo europeo per la ricostruzione, innovativo e potente, che non preveda prestiti, o soltanto prestiti favorevoli, ma finanziamenti a fondo perduto per una disponibilità di circa 1.000 miliardi di euro) su cui Conte ha lavorato parecchio.

In aggiunta 540 miliardi circa attraverso prestiti vantaggiosi assicurati da Sure (strumento contro la disoccupazione garantito da tutti gli Stati membri), Bei (Banca europea investimenti) e Mes, il Fondo salva-Stati, per le spese sanitarie e senza condizionalità. “La UE è il cuore pulsante della solidarietà europea, la UE è in piedi per aiutare chi ha bisogno”. Sono parole assai apprezzabili della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha chiesto nuovamente scusa all’Italia. Vedremo nei prossimi giorni i dettagli, specie con riferimento al Recovery Fund, il percorso è stato tracciato.

Un percorso virtuoso iniziato con la sospensione del patto di stabilità, la riapertura agli aiuti di Stato e il rilancio del QS (Quantitative Easing) di circa 750 miliardi azionato dalla Bce. Sul fronte interno, alle prese con un calo presunto del PIL 2020 del 8 %, dopo l’emanazione di misure per famiglie e partite Iva e di quelle successive straordinarie dall’impatto sull’economia reale di 400 miliardi a favore delle imprese attraverso prestiti garantiti dallo Stato – dal 100% al 90 % – impatto che sommato al “Cura Italia” giungerebbe alla cifra di 750 miliardi (complessivamente uno scostamento deficit di 55 miliardi assai maggiore di quello inizialmente previsto).

Conte deve ora confrontarsi con la cosiddetta “fase2” avendo da un lato le categorie produttive e le regioni del nord (Lombardia e Veneto in primis) che premono per una riapertura delle fabbriche, e dall’altro il comitato scientifico (tra i virologi le posizioni non sono univoche) che lo vuole frenare perché ancora prematuro allentare la stretta in modo generalizzato. Adesso è davvero il momento più difficile per il governo italiano. Se lo scoppio della pandemia nelle sue disastrose evoluzioni a causa di un virus sconosciuto, che ci sta tenendo inchiodati per un tempo infinito, ha certamente colto di sorpresa, oggi non più. Oggi, sarà oltremodo arduo assumere decisioni politiche che tengano conto della tutela del bene supremo rappresentato dalla salute e, al contempo, della necessità di un cauto ritorno alla vita normale, seppure con i dovuti accorgimenti finché non saranno trovati rimedi farmacologici efficaci, nella direzione di una ripresa della produzione e delle relazioni sociali e lavorative a ogni livello.


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