"Coperture politiche alla Trattativa" | Dimenticanze dall'amica di Falcone - Live Sicilia

“Coperture politiche alla Trattativa” | Dimenticanze dall’amica di Falcone

Il momento della lettura del dispositivo

È uno dei passaggi più duri delle motivazioni della sentenza.

PALERMO – Non era il più classico dei rapporti fra investigatori e confidente. Andava molto oltre. I contatti fra Mario Mori, Giuseppe De Donno e Vito Ciancimino segnarono l’avvio Trattativa fra la mafia e lo Stato.

La Corte di assise di Palermo, nelle motivazioni del processo depositate ieri, parla di “apertura di un canale di comunicazione”. Non fu “un rapporto per attingere notizie confidenziali, ma un tentativo di instaurare un dialogo con Cosa nostra”.

Una spiegazione che, secondo i giudici, trova conferma nella ricerca di una “copertura istituzionale” da parte dei carabinieri del Ros. Non si cercano “coperture politiche” per attingere notizie da un confidente, seppure si chiami Vito Ciancimino. Anche perché non aveva ancora riferito delle stragi. Non c’era alcuna certezza che l’ex sindaco potesse contattare i vertici di Cosa nostra. L’unica spiegazione plausibile per i giudici è che i Ros volevano trattare con i boss tramite Ciancimino. Ecco perché si preoccuparono di ottenere esclusivamente una copertura politica e non giudiziaria.

Ed è in questo contesto che si inserirebbero le “eclatanti dimenticanze” e gli “atteggiamenti ambigui” da parte di uomini dello Stato nei confronti dei quali le motivazioni contengono passaggi durissimi.

Tra questi ci sarebbe Liliana Ferraro, amica di Falcone del quale prese il posto agli Affari penali dopo la strage di Capaci. Mori e De Donno andarono a parlare con lei nel giugno 1992 eppure, sottolineano i giudici, Ferraro prima minimizzò il rapporto con i Ros (disse che non aveva avuto “significativi rapporti”) e solo anni dopo, nel 2009, ne parlò con la magistratura. Il suo comportamento viene definito “sorprendente” perché visto il “rapporto storico con Falcone avrebbe dovuto tempestivamente raccontare ciò che sapeva”.

È la tempistica delle dichiarazioni che non convince la Corte di assise. Stessa cosa per Fernanda Contri, all’epoca segretario generale della presidenza del Consiglio. Attraverso Ferraro e Contri i carabinieri avrebbero cercato la copertura politica del ministero e della Presidenza del Consiglio alla Trattativa. Perché, ne sono certi i giudici, i carabinieri non volevano acquisire notizie confidenziali da don Vito Ciancimino, non speravano che collaborasse con la giustizia, ma tramite lui avviarono il dialogo con Cosa nostra per fermare le bombe. Un dialogo che, lo stabilisce la sentenza di primo grado, seppure potesse servire per “prevenire la commissione di nuovi crimini… non può ritenersi lecito”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI