Coronavirus a Palermo, il deserto dei locali del centro

Coronavirus e locali deserti|Palermo, il grido dal centro

Meno pause pranzo e domicili. Come si sopravvive a stento in città.

PALERMO- “Che posso dirti? Quello che già sai posso dirti. Il Coronavirus ha svuotato i locali, con lo smart working e gli uffici chiusi o con meno personale, resistere è difficile. Anche il negozio accanto è con la saracinesca abbassata. Un guaio. A pranzo ho avuto otto persone. Te lo ricordi che eravamo pieni e non si trovava un posto? Siamo a mare, credimi. Fai una passeggiata, arrivi in via Cavour e c’è il deserto. Tutti spendono di meno. Il nostro calo? Diciamo il sessanta per cento. Non ho più personale, non me lo posso permettere, mando avanti tutto io. Mah, speriamo che ce la caviamo…”.

C’era una volta la pausa caffè

Arrivederci alla pausa caffè, causa pandemia. E a tanto altro. Arrivederci ai pranzi e alle passeggiate tra colleghi, fino alla trattoria più vicina. Arrivederci al rito della tazzina a domicilio e al panino col salame tagliato spesso. Arrivederci, chissà a quando, a tutto un mondo che aveva scommesso sugli impiegati, sui dipendenti, sul lavoro, sul sacrificio. Ricetta ingegnosa ma semplice: piazzi il bar accanto a una azienda o al fianco di un ente e, se sai condurti bene, perché non sarai il solo nel fiorire delle concorrenze, troverai un piccolo giacimento di persone che ti sceglieranno per i momenti liberi e diventeranno, a poco a poco, le facce ricorrenti di una comunità.

La voce narrante, che preferisce il riserbo sul suo nome, appartiene al titolare di un bar del centro. Uno bravo che il caffè lo sa fare e sa fare anche molto altro. Ma, intorno a lui e alla sua famiglia, sono cresciuti i portoni chiusi o socchiusi. Ci sono meno esseri umani in vista. Di conseguenza, poiché nessuno possiede la palla di vetro, la domanda è urgente quanto angosciosa. E non è più: quanto durerà? Si è trasformata in un più inquietante: avrà mai fine?

Il signor Bartolo Prezzemolo, della deliziosa e omonima bottega alimentare di via Guccia, ha costruito, con i suoi collaboratori, una meritata fortuna su ottimi panini, buonissimi come il resto. Non è sconsolato, ma guardingo: “Il calo è notevole, inutile negarlo. Contavamo molto sulla presenza dei bancari, molti però lavorano da casa. Direi che il nostro segno meno si attesta intorno all’ottanta per cento, facciamo qualche consegna a domicilio. Insomma, aspettiamo tempi migliori. E poi in giro c’è, comprensibilmente, nervosismo.

“Se crolliamo, viene giù tutto…”

Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo, è intervenuta pubblicamente contro quella che è stata definita la ‘mala burocrazia’: “Anche a causa del ‘lavoro agile’ previsto dall’emergenza sanitaria abbiamo riscontrato casi di inefficienza e inadempienza che stanno determinando di fatto la paralisi di uffici nevralgici per le imprese, che non riescono a ricevere servizi essenziali per lo svolgimento delle proprie attività”. “Il mercato – spiega in aggiunta – è un problema diverso che però si ricollega a quello che ho denunciato per altre ragioni. Ci sono dei cambiamenti, c’è una evoluzione antropologica che ha qualche elemento utile che può riguardare una migliore qualità del tempo che si spende. E c’è una normalità che deve essere assolutamente ripresa. Le relazioni di presenza, le dinamiche sociali sono insostituibili. E sicuramente una quota parte del lavoro deve essere realizzata in presenza per dare le risposte corrette agli utenti. Dobbiamo trovare il necessario equilibrio”.

E si capisce di più come questi tempi pandemici abbiano messo in discussione proprio la relazione umana, per stato di necessità. Dal non potersi abbracciare, al distanziamento, alle mascherine, segmenti irrinunciabili di una battaglia che si presenta ancora molto dura e che non ammette leggerezze: è tutto un pianeta che viaggia da una galassia a un altrove ignoto. Sa da dove è partito, non dove arriverà. Sa che, ieri, si prendeva il caffè in gruppo al bar, mentre oggi il caffè è soprattutto quello da casa, con la caffettiera regalo di matrimonio.

Luca De Caro e la sua storica torrefazione in via Rosolino Pilo. Lui racconta: “A giugno c’era il meno novanta per cento di clienti, oggi il meno quaranta per cento, che è comunque tantissimo. Penso che siamo in un percorso da cui sarà difficile tornare indietro. I privati hanno capito che lo smart working è risparmio. Turismo, terziario e commercio: ecco i nostri punti forti. Se crollano, viene giù tutto; è facile mettere una firma e chiudere, più difficile è capire le conseguenze”. Quanto zucchero ci vorrà per alleviare l’amarezza?


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