Da star a ultimo dei governatori | La parabola triste di Crocetta - Live Sicilia

Da star a ultimo dei governatori | La parabola triste di Crocetta

Dai giorni in cui brindò sul palco del Politeama con Battiato e Borsellino all'ultima classifica del Sole 24 Ore è cambiato tutto. Ecco perché.

A 50 mesi dall'elezione
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PALERMO – C’era una volta il presidente star. Da un palco di fronte al teatro Politeama di Palermo, Crocetta lanciò la sua rivoluzione, cinquanta mesi fa. Oggi, gli resta un ultimo posto nel gradimento dei governatori italiani. Il peggiore di tutti. Con la percentuale peggiore di sempre. Crocetta non piace più.

E il termometro della sua popolarità, al di là del periodico sondaggio del Sole 24 Ore, può anche essere cercata negli studi televisivi. Che una volta ospitavano Rosario Crocetta con la deferenza e la curiosità che ti aspetteresti per un politico metà Kennedy e metà Pio La Torre. Ospite fisso in quell’Arena di Rai Uno diventata trampolino per i tuffi nel vuoto: lì nacque la riforma di quelle province mai riformate. E che quasi tutti ormai, tra quelli a lui vicini (sempre meno) e quelli a lui lontani, presto getteranno nel cestino, insieme a quella foto sbiadita.

In quell’istantanea Crocetta brandisce mano e microfono, e te lo aspetti spargere nell’aria una fatwa o una promessa. Su quel palco, oltre all’allora segretario regionale del Pd Giuseppe Lupo, due suoi assessori-simbolo: Lucia Borsellino e Franco Battiato. La legalità e l’arte. L’etica e la bellezza. È tutto lì. Anzi, era tutto lì.

Cosa rimane? Forse è il caso di partire proprio da quello scatto. Franco Battiato è andato via presto, cacciato via da chi voleva fare la rivoluzione ma ha finito per cascare dentro – o ha deciso di utilizzare – una polemicuccia su una parola sbagliata dell’allora assessore al Turismo. Lucia Borsellino, invece, ha sbattuto la porta, lasciando un governo nel quale, stando alle sue parole, stava cedendo la tensione morale. E la famosa intercettazione-fantasma, confermeranno le parole della figlia di Paolo, c’entrerà poco o nulla.

Perché sorprendersi, allora di quel crollo nei gradimenti? Crocetta sta solo scontando lo scarto evidente – a tratti tragico a tratti grottesco – tra quanto promesso e quanto mantenuto. E possiamo provare ancora a restare dentro quella fotografia, esempio più di quanto lui stesso forse potesse mai pensare. O almeno, non nel senso che forse lui sperava. Perché se cancelli le sagome di Battiato e Borsellino, per sostituirle con i successori, saltano fuori quelle di Michela Stancheris e di Baldo Gucciardi. La segretaria e il politico, stando all’idealtipo. Il cerchio magico e i partiti. Il contrario di quanto annunciato. La fine di ogni rivoluzione, di ogni cambiamento, di ogni rottura col passato.

Del resto, andando oltre quella foto, l’operato del governatore non ha fatto che seguire ugualmente il canovaccio. E sta continuando a farlo fino all’ultimo, piazzando o provando a piazzare fedelissimi in ogni angolo della pubblica amministrazione: fino al suo consulente personale, il tunisino Sami Ben Abdelaali a capo di una società delicata e importante come Ircac. Solo l’ultimo grano di un rosario di fedelissimi del presidente inviati ovunque e a prescindere da tutto. A capo dell’azienda che guida il caldissimo settore del 118 il suo ex gabinettista Gaetano Montalbano, o alla società-chiave del trasporto pubblico cioè l’Ast il suo amico personale Massimo Finocchiaro. E la lista è lunga. E noiosa. Perché in quattro anni si è arricchita di facce e nomi (un po’ meno di titoli) che abbiamo puntualmente descritto.

I fedelissimi, alle spalle di Battiato. E la politica dopo Lucia Borsellino. Con Gucciardi a fare da apripista a una invasione di quelli che il Crocetta dei primi tempi che sembrava piacere a tutti (anche qui, su questo giornale, onestà ci impone di ammettere), sembrava non voler vedere nemmeno in fotografia. “Il passato non entrerà nella mia giunta” e ancora: “I politici non faranno parte del mio governo”. E invece, mentre salutavano i vari Zichichi e Scilabra, ecco che a prendere la plancia di comando spunta proprio chi rappresenta la sintesi della politica e del passato, da Giovanni Pistorio ex assessore di Cuffaro, ad Antonello Cracolici grande nemico di Cuffaro. Ce n’è per tutti i gusti, insieme a figurine e meteore che fai fatica ormai a ricordare, nella teoria caotica degli oltre quaranta assessori.

Perché stupirsi, allora, di quell’ultimo posto? La Sicilia, del resto, nel frattempo è ferma. Le promesse purificatorie nella Formazione o nella Sanità si sono tradotte in macerie da un lato, e in scandali e inchieste giudiziarie dall’altro. Nel frattempo, l’Isola è la peggiore d’Italia nella spesa dei Fondi europei, è la più povera tra le Regioni italiane, è la peggiore nella gestione dei rifiuti, non ha ancora una rete ospedaliera approvata dal Ministero. E non ha portato a termine una sola delle riforme previste: quella della Formazione è ferma all’Ars, quella dei Forestali si è rivelata una ‘furbata’ clientelare del resto già annusata mesi fa, quella delle Province entrerà nei manuali del ridicolo in politica. Perché sorprendersi allora di quel basso gradimento? Forse, un motivo per sorprendersi c’è. Perché la Sicilia, dati alla mano, è anche la prima Regione per frodi all’Unione europea, è la terza in Italia per corruzione. Quel governo, oggi, è composto da deputati scelti direttamente dai siciliani. Gli stessi che oggi “disconoscono” quel presidente, dopo aver contribuito, cinquanta mesi fa, anche sotto quel palco del Politeama, a creare una stella effimera. Quel governatore ultimo tra i governatori, in una Sicilia, in fondo, non molto migliore di lui.


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