Dai subacquei allarme gorgonie |“Non possiamo rimanere inermi” - Live Sicilia

Dai subacquei allarme gorgonie |“Non possiamo rimanere inermi”

Acque contaminate, fondali in via di distruzione: le scuole subacquee catanesi progettano una soluzione.

lo stato di salute delle acque
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CATANIA – Nei giorni scorsi una lettera aperta dalla scuola subacquea “La Cernia” ha riacceso l’attenzione sulle condizioni dei nostri fondali: la morte delle gorgonie di Cannizzaro è spia di un tasso d’inquinamento non più sostenibile. Le gorgonie, come anche spugne e ascidie, filtrano l’acqua per trarne sostanze nutritive: la presenza e la salute di questi organismi è quindi indicativa delle condizioni ambientali d’un tratto di mare. LiveSicilia ha dialogato con alcune realtà della subacquea catanese per verificare la consapevolezza del problema, le sue dimensioni e soprattutto la disponibilità per un’azione pratica.

“Il problema esiste da almeno 12 anni”, ci racconta Massimo Ardizzoni, responsabile della struttura “Oceano Mare”. “Nella zona di Cannizzaro il danno può provenire dal collettore fognario, ma tra Capo Molini e la Timpa le condizioni sono le stesse”. Si parla di rami sofferenti, in parte scheletrizzati e attaccati dai vermocani: questi anellidi, che si nutrono di animali morti, stanno intanto raggiungendo quantità infestanti. Nella zona di Riposto, prosegue Ardizzoni, sembra che un peggioramento delle condizioni ambientali sia avvenuto negli anni scorsi a causa dei pesticidi impiegati nei vivai, che attraverso il terreno raggiungerebbero le falde acquifere e poi il mare. “La questione non si esaurisce nel Golfo di Catania”, sottolinea Graziano Trovato del gruppo “DNA Shock”. Infatti ne risulta toccata gran parte del litorale ionico fino a Messina e appena varcato lo Stretto: nelle acque di Scilla una grossa e celebre concentrazione di gorgonie mostrerebbe sintomi analoghi. La maggior parte dei gruppi si mostra ben disposta ad offrire la propria collaborazione per un progetto di ricerca per la tutela dei fondali.

Tuttavia di iniziative simili si parla da diversi anni senza esiti efficaci. Abbiamo chiesto a Riccardo Leonardi -uno dei responsabili dei laboratori del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali- come potrebbe articolarsi una tale operazione: in particolare quale contributo potrebbero apportare associazioni e singoli anche non specialisti del settore. “L’idea è in essere dalla fine del 2016. Intanto occorre conoscere in dettaglio la distribuzione delle gorgonie: così s’inizia a creare un database”, ha spiegato Leonardi, “perciò servono immagini della popolazione sana e di quella degradata. Quindi si può procedere al prelievo di campioni, in questo si può coinvolgere il dipartimento di Chimica”. L’analisi dei campioni potrà fornire risposte chiare: anche al caso specifico del Bellatrix, per il quale si sospettano allacciamenti abusivi alla condotta di scarico.

Ma il discorso, ben più ampio, riguarda un modo consapevole di vivere il mare: un coordinamento delle associazioni subacquee, supportato dalle istituzioni, potrebbe sviluppare ben più che una battaglia culturale. Cultura pratica, capace di toccare tutti i livelli e molti campi dell’istruzione scolastica ma anche di generare volontari –oggi ancora ben pochi- in grado di spendersi attivamente per liberare i fondali da reti, nasse, lenze ed altro materiale abbandonato che risulti distruttivo. “Riunire la popolazione subacquea, stabilire obiettivi, creare piani e valutare i risultati a distanza di mesi, a beneficio della collettività e non dei singoli”, suggerisce il dott. Leonardi, appassionato frequentatore di questi fondali. Ad oggi le risposte della comunità subacquea non dovrebbero tardare, quanto al possibile ruolo istituzionale l’interrogativo rimane aperto.

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