Fa patapunfete e lo trasforma in un oplà. Grande Johnny, lui è così: se casca, non casca ginocchioni ma sempre in piedi. Devono pur lavorare i falliti e Gianni Riotta – una sorta di rovinista dell’editoria, sfasciò il Tg1 e ilSole24ore, giusto per ricordare due capolavori su cui esercitò distruzione e danni – il suo eterno patapunfete lo ha appena avuto premiato con una trasmissione su Rai3. Tutto è caduco e tutto, dunque, va a cadere. Il segreto è nel saper precipitare in piedi. Non è, questa, una scienza che s’impara. E’, piuttosto, un carisma proprio di pochi eletti. Ed è un dono che rende forti più dei santi in Paradiso se la prima puntata di Parallelo Italia, risolta in un flop, sia fallita per merito di Santa Rosalia o per demerito di Johnny-caro la cui aureola, comunque, grazie al microfono guanciale (assai utile, rispetto al “gelato”, per via delle urgenze ieratiche), gli era scivolata sulla faccia. 47-35 – così si chiama Parallelo Italia – è la più importante trasmissione nella storia dell’umanità, non c’è dubbio, altrimenti Johnny non sarebbe arrivato trafelato, in camicia bianca e cravatta, senza giacca, va da sé, come fa d’uopo tra gli uomini di mondo (gente che se non ha fatto il militare a Cuneo, l’atto di presenza alla Leopolda, quello sì, l’ha fatto).
La puntata, purtroppamente, coincideva col Festino di Santa Rosalia. Tutti i palermitani erano alla processione ed è per questo che Gianni & Riotto detto Johnny non ha mietuto i meritati ascolti dei devoti. C’è da sperare che nella prossima puntata, con tutti i suoi concittadini incollati davanti alla tivù, Johnny potrà raggiungere uno share stellare, degno della sua cifra da star del new journalism e così avremo il responso dell’ordalia tanto attesa: vince Johnny o vince la Santuzza? Fatto il miracolo, Andrea Vianello, direttore della rete, potrà dirsi soddisfatto: un altra mezza gazzosa – e tale Johnny è, – avrà avuto agio di mangiarsi un bocconcino di pronto accomodo nella parrocchietta del servizio pubblico perché, oplà, ogni entratura porta a una sinecura. I patapunfete non mancano mai. Emuli e nostalgici di Ercolino sempre in piedi – era il pupazzetto della Galbani – se ne trovano tra i bennati, aver diretto l’Unità, per esempio, è un gran blasone. E Claudio Sardo, che certo non è un gagà come Johnny, la sconfitta patita col giornale fondato da Antonio Gramsci l’ha avuto addolcita con una sinecura offertagli da Sergio Matterella. Un incarico: “Studio e ricerca presso il Quirinale”.
L’entratura è la vera sinecura. Di ex direttori del Secolo d’Italia a spasso ne conosco tanti, un motivo ci sarà se quelli dell’Unità trovano il posticino subito – e magari la ragione è una: sono bravi – ma Sardo che scrive i discorsi a questo Capo dello Stato è un contrappasso. Il patapunfete è il punto fermo ma nell’oplà in ispecie – solo un dettaglio, anzi, un’astuzia della storia – un fior di testacoda, c’è. Sardo è pur sempre un direttore del giornale la cui storia, con il dossier sulla mafia di Danilo Dolci, coincide con la battaglia contro Bernardo, il potente papà dell’attuale presidente della Repubblica. Anche i grandi fanno patapunfete, ohibò, e Gad Lerner, lasciando La Repubblica, il suo oplà l’ha trovato non uno, bensì due gradini sotto la sinecura di Sardo: consulente di Laura Boldrini. Tanto valeva, Santuzza permettendo, accodarsi dietro Johnny.