I beni comunali che rischiano| di diventare una polveriera - Live Sicilia

I beni comunali che rischiano| di diventare una polveriera

Dopo l'incendio del museo incompiuto del Viale Alfrica ecco l'elenco dei beni pubblici inutilizzati che necessiterebbero di un piano di messa in sicurezza che negli ultimi dieci anni non c'è mai stato.

CATANIA – Quanto successo l’altro ieri a viale Africa rischia di essere solo un assaggio dei rischi concreti che corre il capoluogo etneo. Non è solo questione di fiamme, fuoco e cartate di euro andate letteralmente in fumo con buona pace dei contribuenti: è un tutt’uno. E forse anche di più. Sotto questa prospettiva Catania si riscopre una vera e proprio polveriera pronta a esplodere in qualsiasi momento: con più edifici pubblici sottoposti al degrado, all’incuria, e tutti in collocati in zone più che strategiche per la vita cittadina. Già, dopo l’incendio in quel museo comunale di arte moderna che la città non sapeva di avere – appunto perché era una delle tante incompiute del territorio – c’è da riflettere, e non poco, sul versante sicurezza.

Non è necessario andare lontano. Basta girare la testa e guardare l’ex palazzo delle Poste di piazzale Rocco Chinnici che da qualche anno è nelle disponibilità patrimoniali dell’Amministrazione comunale. Siamo in piano centro cittadino, a pochi metri dalla stazione centrale. Ovvero, una delle aree fondamentali per ciò che concerne gli ingressi e le uscite in città. La vecchia struttura in cemento armato è stata abitata per anni dai rom. I piani interni sono lastricati dai rifiuti di ogni genere, mentre l’odore di urina è una costante. Fino al 2011, è certo che il tetto, dove ancora ci sono i vecchi condotti dell’areazione, era stato riconvertito a canile con tanto di gabbie. E, manco a dirlo, le feci animali erano disseminate ovunque. Adesso gli operai della Multiservizi, che occupano i piani seminterrati dello stabile, ogni giorno lottano contro vandali, senza tetto e ladri.

L’ultimo incendio in ordine di tempo esploso nei locali comunali in via Bernini risale al novembre del 2013. Stavolta siamo nel salotto buono della città, a pochi metri da piazza Michelangelo e dal viale Vittorio Veneto. Si tratta di uno spreco senza precedenti. L’Amministrazione l’acquistò per 8 miliardi di lire nel 1999. Da allora è inutilizzato. Nell’estate del 2001, fu occupato dagli squatter e divenne il centro sociale “Carlo Giuliani”. Una parentesi che si è esaurita nel giro di poche settimane. Con la giunta Stancanelli, il complesso è stato messo in vendita, ma la prima gara d’asta è andata deserta. Nel 2012, la magistratura ha imposto che gli accessi fossero murati. Mentre la scorsa estate, per evitare che il Bernini si trasformasse in un nuovo bivacco, sono stati finanziati 18 mila euro per apporre delle barriere metalliche alla struttura.

Anche in periferia la situazione può accendersi da un momento all’altro. Partendo da Librino. La chiosa “ovviamente” rischia di essere sulla punta delle dita. La tentazione è forte se uno dei luoghi a rischio continua a essere il famigerato Palazzo di cemento, luogo simbolo di quella bellezza che nel quartiere progettato da Kenzo Tange fa ancora rima con degrado. Dopo lo sgombero del maggio 2011 e la promessa di portare lì gli uffici comunali e addirittura i vigili urbani, è ancora tutto fermo. Stessa cosa per il teatro Moncada. Tra la sua realizzazione e il proposito di allestire un centro culturale per il quartiere, ci si sono messi i vandali di mezzo a guastare ogni proposito e la loro opera non si può dire che sia rimasta a metà.

Ci ha pensato invece la polizia a fermare due trafugatori di ferro, nel gennaio 2013, al PalaNesima. Anche in questo caso si tratta di una cattedrale all’incuria. Il quadro è quello di un cupolone in cemento ben visibile anche dai comuni limitrofi. Di quel che doveva essere uno dei cuori pulsanti del nuoto a Catania, realizzato nel ’97 in occasione delle Universiadi, resta una piccionaia assai pericolosa anche per quei bambini che non hanno paura di giocarci dentro con lo skate. La spesa per realizzarlo andò oltre gli attuali dieci milioni di euro. Ma le attuali ristrettezze del bilancio comunale non permettono di sperare in una riqualificazione in tempi rapidi.

 


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