La dipendenza affettiva è una condizione psicologica e relazionale in cui un soggetto sviluppa un “attaccamento eccessivo nei confronti del partner, sacrificando la propria autonomia e il proprio benessere” pur di mantenere la relazione, anche quando quest’ultima è disfunzionale o fonte di sofferenza.
Secondo questa dinamica relazionale tutt’altro che sana ed appagante, “l’altro diventa il centro della propria identità e del proprio equilibrio emotivo”; se ne ha bisogno per sentirsi riconosciuti e convincersi di avere un valore, anche a scapito del rispetto dei propri bisogni e confini.
Una relazione cosí strutturata viene vissuta come indispensabile per la propria stessa esistenza, e porta ad un’idealizzazione del partner che fa si che spesso ne vengano sottovalutate eventuali caratteristiche negative, oltre a vivere una forte ansia da abbandono al pensiero che il rapporto possa finire.
L’influenza di modelli relazionali passati
La dipendenza affettiva non è una modalità disfunzionale a carico esclusivamente dell’individuo, ma quasi sempre il frutto di dinamiche relazionali apprese all’interno del sistema familiare di origine, ed interiorizzate.
Chi sviluppa dipendenza affettiva, spesso proviene infatti da contesti in cui l’amore è stato sempre “condizionato” a qualcosa (ad esempio all’obbedienza), ed i bisogni emotivi non sono stati adeguatamente riconosciuti e validati.
Dunque si sono già sperimentate esperienze di trascuratezza affettiva e, nei casi piú gravi, di vero e proprio abbandono, tanto che forte è il timore che possano ripresentarsi e si fa di tutto affinché non accadano piú, anche a costo di rimanere intrappolati in rapporti che provocano sofferenza.
Le vecchie esperienze negative generano cosí schemi relazionali rigidi, tra cui soprattutto la convinzione di dover continuamente “guadagnare” l’amore degli altri, e di “non valere abbastanza” se da soli.
Emerge un livello di autostima piuttosto carente che porta ad avere un bisogno costante di conferme e rassicurazioni, da ricercare nella persona a cui si è legati sentimentalmente.
L’incapacità di tollerare la solitudine
Chi si trova coinvolto in una dinamica di dipendenza affettiva, vive sicuramente un timore eccessivo della solitudine, che genera l’ansia di essere lasciati e la paura di subire un rifiuto; e porta altresì ad un’incapacità di chiudere le relazioni, anche quando disfunzionali.
Ad alimentare la paura della solitudine contribuisce anche la costante esposizione ai “modelli idealizzati di coppia” nei mass media, che rafforzano l’idea che la felicità dipenda maggiormente dall’”essere in una relazione”, alimentando il timore di stare da soli senza un partner.
Dipendenza affettiva e casi di violenza
In un contesto relazionale del genere, diverse coppie si trovano cosí intrappolate in dinamiche dove uno dei due partners assume un ruolo dominante e l’altro “si sottomette”, accettando anche situazioni di maltrattamento emotivo e, nei casi piú estremi, persino fisico.
Questo tipo di relazioni simbiotiche finiscono per diventare altamente conflittuali, e possono degenerare in episodi di violenza, frutto di una forma patologica di attaccamento che dà origine a gelosie morbose e controlli ossessivi. L’altro, infatti, non viene percepito come un individuo autonomo, quanto piuttosto come una proprietà da controllare e possedere.
Frasi del tipo “senza di me non sei niente”, o “se mi lasci, non so cosa potrei fare” sono segnali di un legame tossico e disfunzionale, e rappresentano una subdola e pericolosa forma di manipolazione emotiva che, nei casi piú estremi, può degenerare fino all’uccisione del proprio partner.
L’epilogo piú tragico: il femminicidio
Purtroppo è proprio la dipendenza affettiva, caratterizzata da un attaccamento eccessivo e patologico verso il partner, ad essere spesso un elemento comune in molti casi di femminicidio.
Un legame malsano del genere porta infatti a dinamiche morbose di controllo e possesso, che finiscono per sfociare in episodi di violenza estrema nel momento in cui il partner, non piú disposto a rimanere in una relazione “malata”, decide di troncare il rapporto.
Risalgono proprio agli scorsi giorni i casi di Sara Campanella e Ilaria Sula, ennesimi episodi di femminicidio, che hanno scosso profondamente l’Italia, riaccendendo il dibattito sulla violenza di genere e sulla necessità di interventi legislativi, e soprattutto “culturali”, maggiormente incisivi.
Come affrontare la dipendenza affettiva
Lavorare sulla dipendenza affettiva implica innanzitutto un percorso di consapevolezza e di ristrutturazione delle proprie modalità relazionali e, spesso, anche la necessità di un supporto professionale di natura psicologica, affinché poter prendere atto di certe dinamiche e trasformarle in modo da renderle maggiormente adeguate.
I punti da affrontare dovranno comprendere sicuramente
–il riconoscimento dell’influenza sulle relazioni attuali dei modelli familiari appresi, in modo da poter rielaborare in modo piú sano e funzionale certe esperienze passate;
-la rivalutazione di un’identità “autonoma” che porti a valorizzarsi “al di fuori di una relazione”, a partire dalla costruzione di un buon livello di autostima che consenta di stare da soli, senza viverlo con paura.
Un lavoro del genere porterà a ridefinire anche le relazioni attuali in modo più sano ed equilibrato, attraverso la promozione di una cultura dell’affettività basata sull’autonomia e sul “rispetto di sé stessi”, ancor prima che dell’altro.
“Mi amo troppo per stare con chiunque”, Sara Campanella.
[La dott.ssa Pamela Cantarella è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), specializzanda in Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]