Uzeda, un live per il documentario: presenti Roy Paci e Colapesce

Il live per il documentario degli Uzeda: ci sono anche Roy Paci e Colapesce

Una sorta di campagna crowdfunding per il film della regista catanese Maria Arena.

CATANIA. E’ partita lo scorso 23 febbraio la campagna di crowdfunding per la chiusura di “Uzeda, Do it yourself” documentario della regista catanese Maria Arena che racconta per la prima volta la lunga storia della rock band catanese formata dalla cantante Giovanna Cacciola, dal chitarrista Agostino Tilotta, dal bassista Raffaele Gulisano e dal batterista Davide Oliveri.
Sabato 18 marzo, dalle ore 21, da Zo Centro culture contemporanee a Catania è previsto l’evento live “Come out for Uzeda”, organizzato da Zo in sinergia con l’Associazione Musicale Etnea, per supportare dal basso questa iniziativa. Per permettere questa raccolta fondi il palco di Zo sarà calcato da una lineup di amici e di musicisti – Colapesce, Roy Paci con Angelo Sicurella, i Lautari, gli Stash Riders, The Cockroaches e i Clustersun – che negli anni hanno incontrato gli Uzeda in occasioni diverse, condividendo non solo il palco ma anche un modo di vivere e intendere la musica.

Prodotto da Nois Production, il film segue la band dal 2016 al 2020, documentando tour, pezzi di vita privata, la storia dei 7 dischi pubblicati di volta in volta al fine di documentare le tappe di un cammino. Maria Arena: “The best plan is the no plan” è la frase che ho spesso sentito ripetere ad Agostino Tilotta, chitarrista della band. Un po’ come dire virennu facennu, si vede facendo, tipica espressione del Sud che invita a fare senza troppi programmi: adattare la progettualità agli accadimenti. Ed è così che ho iniziato questo film, senza un piano, seguendo il desiderio di fissare un pezzetto di vita e di storia degli Uzeda, perché ci fosse una traccia audiovisiva che raccontasse il modo di essere di una band indipendente che ha mantenuto questa prospettiva per più di 35 anni. Un film per scoprire come si può vivere mettendo al primo posto la musica, la ricerca, la sperimentazione, il dialogo con sé stessi, una economia senza plusvalore».

La band

Gli Uzeda nascono a Catania nel 1987 dall’incontro tra i chitarristi Agostino Tilotta e Giovanni Nicosia (che ha lasciato la band nel 1995), il bassista Raffaele Gulisano, il batterista Davide Oliveri e la cantante Giovanna Cacciola. Sono nati a Sud, in Sicilia, amano la musica e crescono con suoni oltreoceano. Suonano nei garage, in posti improbabili in giro per l’Italia, viaggiano su un furgone rosso sgangherato, ma qualcuno crede in loro: dalla prima etichetta discografica italiana AvArts alla Touch&Go Records, storica etichetta indipendente di Chicago. L’incontro con Steve Albini, recording engineer e punto di riferimento della scena alternativa americana, è la svolta: il loro suono viene inciso fedelmente su nastro analogico, suonano a due Peel Session alla Bbc ospiti di John Peel e al festival ATP, girano Stati Uniti e Europa in tour.
Le radici sono siciliane, vulcaniche e aspre, il cuore è anglofono e rumoroso. Sono andati lontano con quello stesso furgone rosso, portando con loro pezzi di famiglia, figli, amici, altri musicisti con cui hanno condiviso non solo il palco ma anche il senso di ciò che hanno sempre fatto, nel modo in cui volevano loro, suonare senza compromessi se non quello con loro stessi. Uzeda è una band indipendente nel senso profondo e insindacabile del “Do it yourself”, sempre da soli ma sempre insieme a tutte le persone che li hanno seguiti e capiti.

Il film

Quello sulla band Uzeda è il terzo film indipendente di Maria Arena dopo “Gesù è morto per i peccati degli altri” (2014) girato a Catania e “Il terribile inganno” (2021) girato a Milano. Nata a Catania, vive a Milano dove si è laureata in Filosofia e diplomata in regia alla Scuola civica di cinema. Ha realizzato cortometraggi, film documentari, videoclip, videoinstallazioni, spettacoli teatrali. E’ docente in Linguaggi e tecniche dell’audiovisivo e coordinatrice del corso di Cinema all’Accademia di Belle Arti di Catania. Ho scritto il libro “Falso movimento, laboratorio audiovisivo tra analogico e digitale”, Ed. Bonanno 2011.


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