'Don Giovanni' al Teatro Massimo, un'oasi nella Palermo del caos

‘Don Giovanni’ al Teatro Massimo, un’oasi nella Palermo del caos

Tanta gente. Una storia di bellezza. E poi la solita città
LO SPETTACOLO
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PALERMO- Quando Mozart scrisse il suo ‘Don Giovanni’ non pensava, ovviamente, a Palermo. Ma siccome siamo palermitani – e dunque palermocentrici – possiamo declinare la seconda\prima del Teatro Massimo, per la bacchetta d’oro di Riccardo Muti, anche nella casistica delle consuetudini locali e universali.

Per esempio, tra quelli che ascendono la scalinata, quanti saranno i seduttori che hanno preso per i fondelli qualcuno, offrendo il ghigno e la spudoratezza, prima di eclissarsi? E quanti i servi sciocchi, di rito pagnottista, che avranno l’ignavia di Leporello come abito esistenziale? Chissà. Il solo pensiero risulta insidioso nella sovrapposizione tra fantasmagoria e realismo. Meglio concentrarsi sugli appassionati che incedono tra i gradini, con un mormorio da devoti. Ce n’è di tutte le generazioni e di tutti i linguaggi.

Tutte le voci del Teatro Massimo

Ci sono giovani aficionados, ci sono espertissimi ascoltatori che c’erano prima della chiusura e che aspettarono la riapertura con una fede da viaggiatori per la cometa. Gli aneddoti si affastellano in questi luoghi consacrati all’arte. Per anni si è narrato di un’epica sfuriata di Francesco Tamagno, protagonista di un indimenticabile ‘Otello’, tra saga lirica e leggenda metropolitana. All’ennesima richiesta di bis del fiammeggiante “miseria mia!”, moltissimo tempo fa, pare che il cantante, esausto, si sia rivolto al pubblico esclamando un ruggente: “La miseriaccia vostra!”. Però, chissà se è vero…

Si sale per un voto di meraviglia, per scacciare l’incubo della prima dissolta, cancellata causa vertenza sindacale. “Ogni volta è una grande emozione – dice Giuseppe Termini – io sono più affezionato al nostro melodramma, con un’adorazione per Verdi. Ho visto venti volte la Traviata e ho visto la Carmen di Bizet prima che il Massimo chiudesse i battenti”. Maria Antonietta Sofia riprende il tema: “Il Teatro Massimo è una meravigliosa istituzione che gli stranieri ci invidiano”.

Olga Manenti racconta: “Ascolto lirica da settant’anni e nutro una grande passione. A sei anni ho vissuto il mio primo ‘Rigoletto’. Comunque, sono pucciniana”. Un derby secolare. “Io appartengo a una generazione differente – dice Nicole Rodi – Olga mi ha trasmesso questa passione. Mi affido al cuore. Siamo onorati di vedere il maestro Muti”.

Il sindaco e la platea

LiveSicilia.it, tra uno spettatore e l’altro, sente il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: “Io e mia moglie siamo appassionati, nell’ultimo anno da sindaco ho gustato ancora di più il piacere di assistere agli spettacoli al Teatro Massimo perché ho notato, e a dirlo sono anche i numeri, un risveglio e un rinnovato interesse verso il cartellone proposto dal Teatro dopo gli anni della pandemia e di questo mi sento di ringraziare il sovrintendente Betta e le maestranze”.

Tra i palchi, ecco Maria Luciardello e Fabio Cocchiara. Parlano a una voce, da innamorati reciproci e della musica: “Che orgoglio di essere qui, ad ascoltare il maestro Muti con un’opera tanto prestigiosa. E’ emozionante vedere il teatro che si riempie”. I posti vengono occupati in fretta. L’organizzazione è impeccabile. Giovannella Brancato, pilastro della comunicazione del Massimo, governa il viavai. Foto di rito per un gruppo che arriva da Reggio Calabria con lo striscione. Le note prendono il sopravvento.

Fabio Cocchiara e Maria Luciardello

Dall’oasi al ritorno…

Infine, si esce dalla conca luminosa con la sensazione di avere appena terminato il viaggio in un altro pianeta: un’oasi di quiete. Oltre la scalinata, verso il basso, riprende vigore la città dei monopattini che sfrecciano all’impazzata, dei clacson e della calca. Dalla bellezza al caos è un attimo. Conosciamo questa Palermo. Noi sappiamo quel che fa e come ci seduce sempre, nonostante tutto.


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