Lupara nel giorno di Pasqua, ergastolo per il boss Seminara - Live Sicilia

Lupara nel giorno di Pasqua, ergastolo per il boss Seminara

E' ritenuto tra i mandanti del duplice delitto di Raddusa, assieme a Salvatore Di Benedetto di Palagonia.
DELITTO DI MAFIA
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RADDUSA. Condanna all’ergastolo in appello per Salvatore Seminara, anziano pastore di Mirabella Imbaccari già condannato in via definitiva perchè ritenuto un pericoloso boss mafioso, tanto potente da esser stato designato capo provinciale di Cosa Nostra nella vicina Enna, a metà anni Duemila. Per Seminara, detto “Zio Turiddu”, adesso la Corte d’appello di Catania ha confermato la condanna inflitta in primo grado poiché ritenuto tra i mandanti del duplice omicidio del giorno di Pasqua del 2015, in cui furono uccisi l’agricoltore di 66 anni Salvatore Cutrona e l’operaio ventisettenne Francesco Turrisi, che gli dava una mano in campagna. La sentenza, sino ad oggi inedita, è stata depositata.

Cutrona, originario di Aidone, in passato era stato vicinissimo a Seminara, ma nei mesi prima di essere ucciso sarebbe stato ritenuto sempre meno affidabile. Per questo doveva essere rimosso dal suo ruolo di capo della famiglia di Raddusa. E per questo avrebbero deciso di ucciderlo. Per il delitto è stato condannato assieme a Seminara pure Salvatore Di Benedetto di Palagonia, ritenuto anch’egli un mandante.

Il “simbolismo” e la cronaca del delitto: un’esecuzione mafiosa

Stampo mafioso. Metodo mafioso. Simbologia mafiosa. In quell’omicidio, praticamente, Cosa Nostra ci aveva messo la firma. Erano le 7 di domenica mattina quando l’assassino ha atteso che l’auto su cui erano a bordo le vittime giungesse in contrada Manca, a due passi dalla proprietà di Cutrona, per entrare in azione armato di lupara. Almeno cinque colpi di fucile a pallettoni hanno crivellato la Fiat Stilo guidata dal giovane Turrisi. Le vittime non hanno avuto scampo. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Cutrona stava andando nella sua campagna per compiere dei lavori e Turrisi gli avrebbe dovuto dare una mano. Gli assassini avevano studiato attentamente le loro abitudini. Qualche ora dopo, nella vicina Aidone, in provincia di Enna, i carabinieri rinvennero, incendiata, l’auto che potrebbe aver usato il killer, una Punto rubata. Aidone e Raddusa distano tra loro non più di 15 chilometri. La dinamica del delitto, come detto, contiene un simbolismo inquietante tipicamente mafioso: la lupara e il giorno scelto, la mattina di Pasqua, sin dalle prime battute, hanno indirizzato gli investigatori verso una matrice legata a Cosa Nostra. Poi l’inchiesta, coordinata dal Ros e dalla Dda di Catania, ha chiuso il cerchio. Ora per Seminara c’è la condanna d’appello. A breve il suo legale, l’avvocato Francesco Azzolina, presenterà ricorso in Cassazione.

Zio Turiddu, scalzato a Enna dal clan di Pietraperzia

Salvatore Seminara, che è detenuto praticamente dal 2009, lui che fu scarcerato solo nel 2013 per decorrenza dei termini – prima di finire nuovamente in manette, poco tempo dopo, nell’operazione Kronos – da anni ormai non è più il boss provinciale di Enna. Dalle ultime inchieste, è emerso che è stato sorpassato dai più “intraprendenti” mafiosi di Pietraperzia, dai fratelli Monachino, in grado di diversificare le attività, di insinuarsi negli affari dell’Expo di Milano e di mantenere rapporti con la ‘ndrangheta e con le famiglie di altri mandamenti di Cosa Nostra nell’intera Sicilia. Seminara, peraltro, era stato imposto dal sanguinario boss di Caltagirone Ciccio La Rocca, di recente scomparso; mentre il potere dei pietrini – storicamente ritenuti “affidabili” dall’organizzazione mafiosa, tanto da aver organizzato tra il ’91 e il ’92 la logistica dei summit in cui Totò Riina decise le stragi di Capaci e via D’Amelio – sarebbe stato sancito da gruppi legati ai Santapaola.


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