“Un premeditato progetto omicidiario”, così il giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini descrive l’agguato in cui è stato ucciso alla Vucciria Emanuele Burgio.
Si parla di probabile “complicità di altre persone allo stato non identificate“. Per dare loro un volto sono al lavoro gli agenti della squadra mobile di Palermo. Gli investigatori agli ordini del dirigente Rodolfo Ruperti continuano a analizzare frame per frame le immagini del delitto filmato da alcune telecamere di sicurezza piazzate per le strade della Vucciria.
Quando gli agenti sono intervenuti in via dei Cassari, lo scorso lunedì, hanno trovato una vistosa macchia di sangue sul basolato, tre bossoli calibro 9 e una ogiva. Poco distante, la macchina di Burgio una Mercedes Glc che è stata sequestrata.
Dalle immagini si vede l’arrivo delle sette persone provenienti da via dei Chiavettieri. Erano in sella ad un Honda SH, una Vespa Piaggio, un Piaggio Beverly e un quarto scooter non identificato. A fare fuoco, si vede dalle immagini, è stato Matteo Romano. A passargli la pistola il nipote Giovan Battista.
Domenico Romano, fratello di Matteo e padre di Giovan Battista, ha detto che a fare fuoco è stato il fratello ma ha scagionato il figlio. Le sue dichiarazioni vengono, però, bollate come reticenti. Non ha spiegato perché fossero andati alla Vucciria due ore dopo l’inizio del coprifuoco e non ha spiegato chi erano le altre quattro persone del gruppo.
Poi ha aggiunto che l’incontro con Burgio è stato casuale, dicendo di non sapere per quale motivo il fratello Matteo si fosse presentato armato e che nonostante le furenti liti del passato tutto era stato sistemato grazie all’interessamento di alcune persone di cui non ha fatto il nome.
Alla luce dei colpi di pistola esplosi nulla era stato messo a posto. Cosa abbia scatenato la violenza è ancora da chiarire. Odio sedimentato nel tempo o affari illeciti? Intanto gli agenti, coordinati dai pubblici ministeri Giovanni Antoci, Federica Paiola e Gaspare Spedale, lavorano per dare un volto alle quattro persone che hanno partecipato alla “spedizione punitiva” costata la vita al ventiseienne Emanuele Burgio. Lo hanno accerchiato, colpito al torace, inseguito e infine aggiunto da altri due proiettili alle spalle.