"Favori in cambio di voti| A disposizione dei politici" - Live Sicilia

“Favori in cambio di voti| A disposizione dei politici”

Il "metodo Bevilacqua" si impose alle elezioni regionali del 2012

PALERMO – Il “metodo Bevilacqua” si impose alle elezioni regionali del 2012. Non hanno dubbi i giudici che hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui lo scorso marzo hanno condannato Giuseppe Bevilacqua a dieci anni e dieci mesi di carcere. Era lui il personaggio principale del processo che vedeva ventidue persone imputate a vario titolo di corruzione elettorale, malversazione, millantato credito e peculato. Lette le motivazioni le difese faranno appello.

Bevilacqua fallì per una manciata di voti l’elezione al consiglio comunale di Palermo ma, secondo la Procura della Repubblica, avrebbe cercato di fare fruttare il ‘tesoretto’ elettorale alle successive Regionali. A lui si rivolsero anche l’ex deputato regionale Nino Dina e l’ex parlamentare di Grande Sud Franco Mineo. Entrambi sono stati condannati a 8 mesi ciascuno di carcere.

Nelle motivazioni del Tribunale, composto da Donatella Puleo, Salvatore Flaccovio e Maria Minasola, si legge: “Le intercettazioni grazie anche alla loro quantità e chiarezza, nonché alla reiterazione dei medesimi contenuti nel corso di più conversazioni, hanno dimostrato l’esistenza di illeciti accordi pre elettorali conclusi tra Bevilacqua da un lato, e rispettivamente Roberto Clemente, Antonino Dina, Vincenzo Di Trapani, e Francesco Mineo”.

Sarebbero i politici a farsi avanti: “Preso atto del rilevante risultato elettorale ottenuto dal Bevilacqua nel mese di maggio 2012, hanno richiesto a quest’ultimo di votare per lui e procacciare voti nel loro rispettivo interesse, promettendo in cambio denaro o altre utilità”.

Bevilacqua non si tirò indietro: “Accettava tali offerte e prometteva di mettersi a disposizione, con la propria segreteria politica, per convogliare voti, ‘no al migliore offerente’ ma verso tutti i politici che si rivolgevano a lui, per cercare di guadagnare il più possibile dalla campagna elettorale in corso e pur sapendo che ad un certo punto (possibilmente dopo aver ottenuto qualche vantaggio) qualcuno avrebbe potuto capire il suo gioco”. 

E per spiegarlo usava un linguaggio colorito: “Nuatri ni pigghiamo tutte cose, chiddu ca c’è i pigghiari… firmamu e poi chi… na ponnu ciullare”.

Secondo il pubblico ministero Amelia Luise, Bevilacqua avrebbe utilizzato per la sua campagna elettorale alle Comunali 2012 anche i generi alimentari del “Banco opere di carità” all’insaputa dei volontari. Regalava pacchi di pasta, oppure li vendeva a prezzi stracciati agli stessi poveri che ne avrebbero dovuto usufruire.

Nella sentenza i giudici accolgono la ricostruzioni del pm secondo cui, Bevilacqua avrebbe ottenuto anche l’appoggio dei mafiosi vicini al clan di Tommaso Natale, che gli avrebbero procurato 770 preferenze nel 2007. I suoi referenti sarebbero stati Calogero Di Stefano, Giuseppe Enea e Antonino Fiorentino: “In cambio dei voti garantiti dal clan mafioso – scrivono i giudici – Bevilacqua ha promesso un contributo in denaro per la festa della Marinella o tramite finanziamento pubblico concesso da politici suoi amici e compagni di partito”. La festa di quartiere è un momento in cui cui Cosa Nostra mostra la sua forza. Bisogna fare bella figura.

 


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