I video, le scenate, il femminicidio: non è mai stato 'amore'

I video, la rabbia, il femminicidio: non è mai stato ‘amore’

La cronaca di un terrore. Che è diventato orrore.
I DETTAGLI DI UNA VIOLENZA
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Povera Alessandra Matteuzzi, massacrata da un uomo che la odiava. Il resoconto della cronaca fin qui disponibile è lampante: quello di Giovanni Padovani non era ‘amore’, nemmeno ‘amore malato’, come si dice, talvolta. Era odio, era rabbia, era furia che si è scatenata con le martellate fatali. Lei, una ragazza impaurita, lui, non siciliano, ma calciatore in Sicilia, protagonista, per involontario sarcasmo della sorte, di campagne contro la violenza.

Il racconto del terrore

“Il nostro rapporto si basava sempre sull’invio da parte mia dei video che lui mi aveva chiesto e di videochiamate, ma questo non è bastato a frenare la sua gelosia, perché i dubbi sulla mia fedeltà non sono mai passati. Anche una semplice foto da me postata sui social e che inquadrava le mie scarpe appoggiate sul cruscotto dell’auto al rientro da una trasferta di lavoro era stata motivo di una sua scenata”. Così lei raccontava, a fine luglio, la sua esistenza assediata ai carabinieri. Lui era gelosissimo. Più di volta – secondo quanto diceva la vittima – aveva preso a pugni la porta. Quella denuncia non è riuscita a proteggere una donna. Tirare metaforiche pietre e indignarsi è facile, ma, purtroppo, non serve più a niente. Bisogna capire perché è successo, se e quando il meccanismo si è inceppato da qualche parte, per scongiurare nuove tragedie.

“Pericoloso e incontrollabile”

“La personalità dell’indagato animato da un irrefrenabile delirio di gelosia e incapace di accettare con serenità il verificarsi di eventi avversi, come la cessazione di un un rapporto per di più caratterizzato da incontri sporadici”, sono una “manifestazione di eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità”. Secondo quanto riferito dall’Ansa, lo ha scritto il giudice del Tribunale di Bologna, Andrea Salvatore Romito nell’ordinanza di convalida dell’arresto per Padovani, accusato del terribile femminicidio. Poche righe che condensano il ritratto di quella furia, di quella rabbia, di quell’odio. Qualcosa che era nascosto, schermato da un profilo insospettabile, e che è esploso drammaticamente, rivelandosi.

La paura di Alessandra

“Tutte le volte in cui io ho accondisceso alle richieste di Padovani è stato per paura di scatenare la sua rabbia. Alla luce di tutte le occasioni in cui è riuscito ad accedere al condominio dove abito, ho sempre timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa, o quando apro le finestre”. Le parole di Alessandra Matteuzzi, nella denuncia, svelano un clima soffocante che aveva ragion d’essere. Lei è stata uccisa dall’odio, infine. E non chiamatelo ‘amore’. Non lo è mai stato. (Roberto Puglisi)


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