MESSINA – Carcere a vita. La Corte di Assise di Appello di Messina, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato all’ergastolo Antonio De Pace, l’infermiere calabrese che la notte del 31 marzo uccise Lorena Quaranta, aspirante medico di Favara.
Accolta pienamente la richiesta dei familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba, a cui si erano associate anche le altre parti civili che saranno tutte risarcite: il centro antiviolenza “Una di Noi”, Cedav, “Al tuo fianco” e i centri antiviolenza Telefono Rosa Bronte, work in progress, Pink Project Evaluna Onlus.
La procura generale di Messina, a margine della requisitoria, aveva invece chiesto l’applicazione delle attenuanti generiche nei confronti di De Pace, reo confesso, aprendo così uno spiraglio alla cancellazione dell’ergastolo.
La Corte, rigettando tale ipotesi, ha condannato al massimo della pena l’imputato. Il femminicidio di Lorena Quaranta si consuma nella notte del 31 marzo 2020 all’interno di un appartamento di Furci Siculo, nel messinese, che i due giovani condividevano.
E’ stato lo stesso De Pace, dopo aver strangolato Lorena, a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Il movente non è mai stato del tutto chiarito. L’infermiere calabrese ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso la giovane fidanzata perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua.
Una circostanza poco credibile e smentita immediatamente grazie ai successivi esami effettuati. La Procura di Messina aveva inoltre contestato a De Pace l’aggravante (poi non riconosciuta dai giudici) della premeditazione sostenendo l’ipotesi che il delitto fosse stato ideato e pianificato.
