Ferrandelli: "Lagalla mi ascolta, Palermo si salva così"

Ferrandelli: “Lagalla mi ascolta, Palermo si salva così”

"Meloni? Non grido al lupo. De Luca? Un populista...". E sulla Fiera...

Fabrizio Ferrandelli, anche secondo lei – come abbiamo scritto – Palermo sta cadendo a pezzi?
“Io sono innamorato di Palermo e la amo, pure nella maturità che consente di guardare le cose con maggiore lucidità. Penso che siamo in un momento critico e che sarà necessario il contributo di tutti”.

Ferrandelli Fabrizio. Carta d’identità politica. Approdato a + Europa. Consigliere comunale alla ‘proposizione’, come dice lui. Candidato sindaco con un terzo piazzamento, nel perimetro calendiano, prima della rottura. Politico esperto e in grado di fonire un’analisi sul momento che lui definisce ‘critico’ e che noi definiamo ‘drammatico’.

Cosa direbbe a un palermitano che entra nel cimitero dei Rotoli e viene sopraffatto dall’orrore?
“Che si trova davanti a una grande vergogna, da me denunciata per tempo, in solitudine, quando mi sono battuto per la costruzione del nuovo cimitero e per il ripristino del forno crematorio. Ma il mio ruolo nell’opposizione non mi assolve, mi sento chiamato in causa come classe dirigente”.

Non è un problema isolato.
“I mali di Palermo non li scopriamo adesso e non scopriamo adesso i mali del Sud che richiedono una svolta. Mi pare che gli amministratori, certe volte, siano un po’ rassegnati. Forse, alcuni di loro si candidano per lo status quo”.

Si riferisce all’attuale sindaco, Roberto Lagalla?
“Non voglio essere ingeneroso. Sono all’opposizione, rispetto al centrodestra che governa, ma mi pongo una dimensione di proposizione, cercando di essere utile”.

Dunque?
“Lagalla è a pochi mesi dal suo insediamento e si sta misurando con i guai della città di cui, forse, non era pienamente consapevole. E’ corretto dargli del tempo. Non si può, onestamente, scaricare su di lui ciò che non funziona da anni e non dirò mai: te l’avevo detto…”.

Ma lei parla con il sindaco?
“Moltissimo. E’ una consultazione continua, perché, con la mia esperienza, ho le idee chiare e le metto a disposizione dei palermitani. Lui ha dovuto fronteggiare la caduta di un governo nazionale, con cui c’era una interlocuzione sul problema dei conti che resta fondamentale. E’ l’esponente di una generazione passata, ma vuole stare sul pezzo. E ha dei giovani in gamba in squadra”.

Per esempio?
“Penso a Rosi Pennino, a Giuliano Forzinetti, ad Andrea Mineo. Lo stesso Totò Orlando è meno giovane, ma sa dove mettere le mani. Bisogna operare per un rilancio della macchina amministrativa, per la stabilizzazione dei precari, per motivare il personale. Ci sono delle cose che si possono fare a costo zero. Noi siamo qui per ragionare, anche perché non vedo in giro Franco Miceli, candidato sconfitto del centrosinistra, che pure si era impegnato…”.

Cosa pensa, ora, di Leoluca Orlando, il predecessore?
“Quello che ho sempre pensato. Ha ricostruito Palermo e l’ha distrutta. Ma sono riconciliato nel mio rapporto con lui. Nel 2012 avevo vinto le primarie e sarei stato eletto sindaco, se Orlando non si fosse messo contro di me, mentre io non ero contro di lui. E la storia sarebbe stata differente. Però non vivo di risentimenti e non ho rimpianti. A giudicare dalle parole delle persone che incontro il rimpianto più forte l’hanno i palermitani”.

Un governo di centrodestra a Palazzo Chigi è una buona notizia per un governo di centrodestra a Palazzo delle Aquile?
“Non credo per il fatto in sé. Sarà fondamentale allacciare un legame. E’ necessario rinegoziare il patto per Palermo. Con le somme previste non si va da nessuna parte e le emergenze sono drammatiche”.

Anche lei grida ‘al lupo’ al cospetto di Giorgia Meloni premier?
“Per niente. Sono stanco degli approcci ideologici di chi intenderebbe celare le proprie mancanze. Sto a guardare e valuteremo l’operato di una donna che viene dalla gavetta e che ha già pronunciato frasi importanti sull’atlantismo. Avrei scelto, questo sì, altre cariche dello Stato, non il binomio La Russa-Fontana”.

Il Sud dovrà sempre chiedere con il piattino in mano?
“Certamente no. E’ arrivata l’ora di costruire un vero sviluppo non assistenziale. Mi sta bene il reddito di cittadinanza, ma ci vogliono le politiche del lavoro e non mi rassicura Roberto Calderoli ministro delle Autonomie. E ci vogliono politici del meridione capaci di discutere, con le carte in regola, con il potere centrale”.

Cateno De Luca si è attribuito, di fatto, la carica di ‘paladino del Mezzogiorno’. Arriva tardi…
“Per le risposte populiste che non servono a nessuno. E poi sono sicuro che rientrerà nell’alveo del centrodestra. I segnali ci sono. Le nostre priorità sono diverse, non bastano le chiacchiere”.

Se dipendesse da lei?
“Assumerei nel pubblico, riorganizzerei i servizi e la sanità. Ora che è stata proclamata la fine dell’emergenza Covid c’è un patrimonio umano e professionale che non va rottamato. Mi riferisco ai lavoratori delle strutture commissariali, le cui competenze sono preziose. Ho incontrato spesso le ragazze e i ragazzi di Palermo. Questa città, talvolta, spreme le persone e le butta via. Con loro spero che non accada”.


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