PALERMO – Dalla battaglia per il No al referendum costituzionale all’inchiesta sulle firme false, dai palchi di mezza Italia al Palazzo di giustizia di Palermo. Dal j’accuse nei confronti della riforma Renzi-Boschi alla necessità di difendersi, loro, dalle accuse della magistratura. La vicenda giudiziaria incrocia quella politica. Riccardo Nuti (leggi la scheda) e Claudia Mannino (leggi la scheda) sono i primi deputati nazionali nella storia del Movimento cinque stelle a varcare la soglia del Palazzo di giustizia di Palermo in qualità di indagati: l’ora è scoccata oggi, nell’ultima settimana di campagna elettorale, mentre il fronte del No è impegnato a girare l’Italia per bocciare la riforma costituzionale. L’onorevole Mannino è stata la prima ad arrivare in tribunale. Da lei silenzio assoluto. Né uno sguardo, né un cenno ai cronisti, prima di entrare nella stanza del procuratore aggiunto.
I fatti giudiziari saranno di nuovo occasione di scontro politico. Uno scontro che, viste le schermaglie dei giorni corsi, conoscerà il picco oggi nel giorno in cui l’indagine attraversa il delicato passaggio degli interrogatori dei due parlamentari nazionali.
Oggi i deputati sono dunque al Palazzo di giustizia dove sabato scorso il procuratore aggiunto Bernardo Petralia e il sostituto Claudia Ferrari hanno convocato l’attivista Alice Pantaleone e Samanta Busalacchi, ex collaboratrice licenziata dal gruppo pentastellato all’Ars. La prima ha negato ogni accusa (“Ho chiarito coi giudici e ora sono più serena, quella sera non ero presente”), mentre la seconda ha scelto di non rispondere alle domande dei magistrati.
Finora sono state sentite persone “informate sui fatti”, alcuni indagati che non ricoprono incarichi politici nazionali e centinaia di cittadini che hanno disconosciuto la propria firma apposta per la presentazione della lista del Movimento Cinque Stelle alle elezioni amministrative di Palermo del 2012.
Si parte dalle confessioni del deputato regionale Claudia La Rocca e dei due candidati alle amministrative Stefano Paradiso e Giuseppe Ippolito. Riccardo Nuti e Claudia Mannino sono chiamati a spiegare cosa accadde quella notte di quattro anni fa quando in un piccolo ufficio di via Sampolo sarebbero state ricopiate in fretta e furia centinaia di firme perché si accorsero che era stato indicato in maniera errata il luogo di nascita di un candidato. I due indagati potranno scegliere di avvalersi della facoltà di non rispondere, come ha fatto sabato Busalacchi. Oppure si difenderanno respingendo le accuse, visto che, assieme ad altri, hanno querelato per diffamazione Vincenzo Pintagro, l’ex attivista che ha sollevato il caso “firme false” con un’intervista alla trasmissione Le Iene.
Inevitabile pensare al dopo interrogatori. Se le versioni fra accusatori e accusati resteranno diverse potrebbe essere necessario metterli a confronto. Ecco perché, nonostante il lavoro serrato dei pm, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, e dei poliziotti della Digos, i tempi dell’indagine potrebbero allungarsi. E il tema torna ad essere politico perché il Movimento 5 stelle, prima del caos, stava lanciando le Comunarie per scegliere i candidati per le prossime amministrative di Palermo. Se Nuti e Mannino dovessero rispondere ai magistrati imboccherebbero una strada opposta al silenzio in cui si sono chiusi in questi giorni, evitando taccuini e microfoni e decidendo di non auto sospendersi come chiesto dai vertici del Movimento.
Per completare il lavoro i magistrati, sempre oggi, interrogheranno il cancelliere del Tribunale di Palermo Giovanni Scarpello e l’avvocato Francesco Menallo. Nei prossimi giorni toccherà al deputato regionale Giorgio Ciaccio. Qualcuno in queste ore dovrebbe essere messo fuori gioco. Poi, si guarderà al futuro. Bisogna tenere botta nella settimana del referendum e pensare alle Amministrative di Palermo. Luigi Di Maio e i “siciliani” Giancarlo Cancelleri e Giampiero Trizzino, a cui in tanti nel Movimento a questo punto guardano come leader locali, sono già al lavoro per salvare la corsa elettorale di primavera. Il tempo stringe.
AGGIORNAMENTO
Ci sono altri tre indagati. Il numero sale a 13. Sono la deputata nazionale, Giulia Di Vita, e Pietro Salvino, marito dell’onorevole Mannino. Non si conosce l’indentità del terzo. Mannino e Salvino, che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, si sono rifiutati di sottoporsi al saggio grafico della firma per confrontarla con quelle apposte sulla lista.
Dopo Claudia La Rocca, un altro deputato regionale ha ammesso la falsificazione delle firme. Si tratta di Giorgio Ciaccio, pure lui indagato. Ciaccio avrebbe tirato in ballo Riccardo Nuti e Claudia Mannino che oggi sono stati convocati al Palazzo di giustizia. L’interrogatorio della Mannino è già iniziato. Ciaccio, sentito nei giorni scorsi dai pm, si era autosospeso subito dopo aver saputo di essere finito sotto inchiesta. Ai pm ha reso le stesse dichiarazioni di Claudia La Rocca.
AGGIORNAMENTO 13.46
Ha risposto ai pm o no? Non si sente in dovere di fare sapere qualcosa ai suoi elettori? Non sul piano giudiziario, ma politico? Inutile incalzare Riccardo Nuti al termine dell’interrogatorio. Dal deputato nazionale Cinquestelle solo silenzio. Neppure un cenno. Nuti è rimasto venti minuti nella stanza del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Claudia Ferrari. Giusto il tempo di avvalersi della facoltà di non rispondere. Pure lui si è rifiutato di sottoporsi al saggio grafico per stabilire se partecipò o meno alla ricopiatura delle firme sulla lista per le elezioni amministrative del 2012. Nuti era il candidato a sindaco di Palermo. E sarebbe stato presente la notte in cui furono ricopiate centinaia di firme in un piccolo ufficio di via Sampolo. Nuti sceglie la linea del silenzio. Silenzio che ha mantenuto in tutti questi giorni, quando si è saputo che una fetta di attivisti e politici del Movimento è finita nei guai giudiziari. Il tredicesimo indagato è Riccardo Ricciardi, delegato alla consegna della lista, marito di Loredana Lupo.
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