Fondi Ue, i numeri del fallimento | E la Sicilia continua ad affondare - Live Sicilia

Fondi Ue, i numeri del fallimento | E la Sicilia continua ad affondare

Da un dossier presentato all'Ars dalla dirigente Corsello emerge che la Regione ha certificato solo la metà delle somme del Fondo sociale europeo. Peggiori i dati sul Fesr. La Cna: "Rischiamo il disimpegno di miliardi di euro". E intanto nell'Isola negli ultimi 4 anni è crollato il Pil ed è cresciuta la disoccupazione.

PALERMO – Grave, preoccupante ritardo. La Sicilia arranca. E tra pochi mesi rischia di dover restituire all’Europa miliardi di euro. La spesa dei Fondi comunitari ha meritato un capitolo intero nel rendiconto della Corte dei conti in sede di giudizio di parifica. Un giudizio che ha messo in luce gli sforzi del governo regionale, che ha evitato il disimpegno per il 2013 e ha accelerato le procedure di spesa. Però, scrive la Corte, “malgrado l’accelerazione nelle procedure di spesa degli ultimi anni, non si è, invece, colmato il ritardo iniziale: infatti, ad appena diciotto mesi dalla conclusione dell’attuale periodo di programmazione, a fronte di un contributo finanziario su tutti i programmi (FESR, FSE e PSR) di 8.164 milioni di euro, sono stati certificati appena 3.911 milioni, cifra che corrisponde ad appena il 47,90 per cento dell’intera dotazione finanziaria.

Più della metà dell’intero programma comunitario deve essere ancora speso e certificato, insomma. E la Regione prova a correre ai ripari. E’ il caso del Piano straordinario per il Lavoro, da finanziare tramite le modifiche alla programmazione del Fondo sociale europeo. Che mette a disposizione della Regione 1,6 miliardi di euro. Ma buona parte di queste somme, adesso, rischiano di tornare indietro.

Qualche giorno fa in commissione bilancio è giunto un articolato dossier di Anna Rosa Corsello, dirigente generale della Regione, ma all’Ars nelle vesti di Autorità di gestione del Fse. E ciò che emerge da quel documento è l’immagine di una Sicilia che, negli ultimi anni, è letteralmente affondata. Tutti i dati più importanti, dal Pil a quelli sull’occupazione, sono crollati, trasformando l’Isola nella peggiore delle Regioni del Mezzogiorno. Mentre la spesa del Fse è ancora bassa. Troppo bassa. A poco più di un anno, ormai, dalla chiusura della programmazione.

Anche per questo, il governo punta a una riprogrammazione del Fondo. Un modo per chiedere all’Europa di aumentare la propria quota di partecipazione alla spesa (dal 63,8% al 75%) liberando così circa 240 milioni per il Piano straordinario del lavoro. Che si articolerebbe attraverso vari strumenti.

“Si tratta di un Piano, al momento in fase di elaborazione, – scrive la Corsello – con cui la Regione Siciliana intende sia contrastare e prevenire, con risposte concrete, la crescita della disoccupazione, in particolare di quella di lunga durata, delle componenti adulte del mercato del lavoro siciliano (quelle della fascia di età compresa tra i 29 ed i 64 anni), sia arginare la diffusione della povertà, che proprio per la mancanza di lavoro, ha registrato in Sicilia in quest’ultimo quinquennio un forte incremento”.

Il Piano straordinario per il lavoro si integrerebbe sia col Piano giovani che con la “Garanzia giovani”. Configurando così una sorta di “megaprogetto” per l’occupazione. Parte delle somme servirebbero anche per fare ripartire due Avvisi fermi da anni: l’Avviso 18/2011 destinato agli Operatori socio sanitari (40 milioni di euro) e l’Avviso 1/2012 per la creazione di imprese innovative (7 milioni).

Come detto, il Piano sarebbe il frutto di una riprogrammazione che non consisterà solo nella riduzione al 25% complessivo della compartecipazione statale e regionale (lasciando tre quarti del finanziamento sulle spalle dell’Europa), ma anche spostando i Fondi finora non spesi su Assi maggiormente efficaci. Il problema è, però, che ad oggi i numeri riguardanti l’impiego delle somme Fse sono quantomeno preoccupanti.

La programmazione totale (2007-2013) del Fse, infatti, ammonta complessivamente a 1,6 miliardi di euro. Di questi, dopo sei anni (i dati sono aggiornati al 31 dicembre 2013) ne sono stati effettivamente pagati poco più di un miliardo (circa il 65%). Scende ancora di più ovviamente la quota delle cifre effettivamente certificate: circa 881 milioni. Cioè il 54% complessivo dei fondi. Curioso è il dato dell’asse “Transazionalità e interregionalità”. A fronte di quasi 22 milioni di euro stanziati, la Regione è riuscita a spendere 200 mila euro: lo 0,91%. Una somma, tra l’altro, nemmeno certificata. Bassissima anche la quota di certificazione della spesa per l’asse “Adattabilità” (1,87% pari a 661 mila euro sui 35 milioni complessivi) e “Capacità istituzionale” (9,5% equivalenti a quasi due milioni di spese certificate a fronte di uno stanziamento superiore ai 20 milioni).

E se i numeri del Fse europe preoccupano, certamente non fanno sorridere quelli riguardanti l’altro, e più “ricco” Fondo europeo, il Fesr. L’allarme è lanciato dalla Cna: “La situazione in merito alla spesa delle risorse comunitarie in Sicilia – ha detto Mario Filippello, segretario regionale della Confederazione nazionale dell’artigianato e della Pmi – è più grave del previsto, purtroppo il nostro allarme sul cattivo utilizzo dei fondi era fondato, ma i governi che si sono succeduti non hanno voluto – o saputo – ascoltarci. Il risultato è che il totale di 6 miliardi e 500 milioni di euro inizialmente previsti dal Po Fesr 2007/2013 per la Sicilia si è ridotto a 4 miliardi 359 milioni: una parte dei fondi infatti è stata dirottata verso i programmi nazionali, un’altra parte è stata restituita a Bruxelles. Ma la cosa più grave è che fino ad oggi risultano pagamenti certificati per ‘appena’ 1 miliardo e 899 milioni: il rischio di perdere risorse, insomma, è sempre più concreto”.

Una perdita di risorse che la Sicilia davvero non può permettersi. Negli ultimi quattro-cinque anni, insomma, e nonostante il lavoro di due differenti governi, tutti i più importanti indicatori dimostrano un vero e proprio “crollo” dell’Isola. Anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. I dati sono descritti nello stesso dossier presentato all’Ars da Anna Rosa Corsello: “I dati relativi al Prodotto Interno Lordo regionale – si legge ad esempio – rilevano una diminuzione dell’11,2% a partire dal 2008”. Numeri che rappresentano la “seconda peggiore performance tra le regioni italiane dopo il Molise” oltre che “un valore nettamente superiore alla media nazionale, pari a -6,90%”.

E ancora, bassissimo, nonostante una lieve ripresa, il dato sulle esportazioni, salito al 15% nel 2012, ma comunque di gran lunga sotto la media nazionale del 24,9%. “I settori economici maggiormente colpiti dagli effetti della crisi – si legge sempre nel dossier della Corsello – sono quelli delle costruzioni e dell’industria manitatturiera che hanno fatto registrare, tra il 2008 e il 2013, dei cali rispettivamente pari al 39,7% e -9,2% che rappresentano il rischio concreto della perdita irrecuperabile di capitale fisso e lavoro. Come diretta conseguenza, anche il mercato del lavoro siciliano ha risentito degli effetti negativi della fase recessiva”.

Già, tutti questi numeri hanno finito, ovviamente, per tradursi in effetti concreti sull’occupazione. Tra il 2009 e il 2013 gli occupati sono scesi di 140 mila unità. Il tasso di occupazione, in calo dal 2008, nel 2013 si attesta al 39,3%. Un dato più basso rispetto alla media del Mezzogiorno (42%) e alla media nazionale (55,6%). I disoccupati siciliani tra il 2009 e il 2013 sono cresciuti di 116 mila unità (sono 352 mila in tutto). Anche per questo motivo, la Regione sta pensando a un “Piano straordinario”. Ancora tutto sulla carta. Il sì infatti dovrà passare attraverso l’acquisizione del parere da parte dei membri del comitato di sorveglianza. Qualora il parere espresso fosse favorevole, la stessa Corsello, in qualità di Autorità di gestione, dovrà trasmettere questa proposta di modifica alla Commissione europea la quale dovrà infine dare il proprio assenso alle modifiche. Prima che sia troppo tardi.


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