Vita mafiosa a Gela: l'orologio al boss, le pressioni sull'avvocato - Live Sicilia

Vita mafiosa a Gela: l’orologio al boss, le pressioni sull’avvocato

Chi sono gli uomini chiave. E spunta un kalashnikov

PALERMO – Giuseppe Tasca avrebbe preso in mano il potere per conto dei Rinzivillo, forte del suo pedigree “impreziosito” da una parentesi carceraria. Perché in quella fetta di Sicilia in provincia di Caltanissetta la mafia è ancora un affare dei Rinzivillo e degli Emmanuello. I soldi si fanno soprattutto con la droga. In questo campo i clan gelesi hanno stretto alleanza soprattutto con i catanesi. In particolare con gli Scordino, legati ai Santapaola. Ci sono state anche delle frizioni per il mancato pagamento di una partita di stupefacenti. Fu siglata la pace in nome degli affari. Stessa cosa con i grossisti calabresi e i mafiosi di Palermo e Agrigento.

Una foto della conferenza stampa

Al fianco di Tasca avrebbero agito Giuseppe Pasqualino e Giacomo Di Noto, uomini della droga e delle estorsioni. Ad esempio quella subita dalla titolare di una gioielleria. Le avevano rubato preziosi per 77 mila euro e ne avrebbe pagato sette mila ai mafiosi per recuperare la refurtiva. Il padre e il marito si sarebbero rivolti alla mafia per avere l’aiuto di Tasca che sarebbe stato ripagato con un bell’orologio, un Hamilton del valore di mille e 700 euro.

Altro uomo di fiducia sarebbe stato Rosario Greco che avrebbe aiutato Tasca a schermare i suoi interessi economici. Tasca sarebbe socio occulto della pizzeria “La Capricciosa 2” formalmente di proprietà della moglie di Greco, Giuseppa Lauretta.

Che la mafia eserciti pressioni nel territorio di Gela e dintorni lo dimostrerebbe l’intervento di Vincenzo Donzella, su mandato di Tasca, per silenziare la titolare di un negozio di oggettistica che aveva ottenuto dal tribunale di Gela un decreto ingiuntivo nei confronti della madre e la sorella di Giuseppe Domicoli, pure lui arrestato. Le due donne avevano preso merce senza pagarla per tremila e 500 euro: “… questa forse non sa neanche con chi si è messa… gli dice che mattina se ne va a chiudere tutte cose perché io ci ammazzu fino a chiddi na naca”.

Nel mirino finì anche l’avvocato della commerciante. Doveva intervenire “per il bene di tutti”: “Avvocato… io glielo dico per bene… per bene di tutti guarda… perché proprio lei neanche può sapere di quello che succede, mi creda a me… lei si può ’nfurmari cu tutti l’avvocati cu sugna iu…“. L’estorsione viene contestata come tentata visto che non andò a buon fine.

Secondo la Procura di Caltanissetta, guidata da Salvatore De Luca, Domicoli sarebbe in possesso di un kalashnikov che aveva acquistato a Catania per 2.500 euro. Aveva minacciato di usarlo contro un compagno di cella, quando era detenuto, non appena lo avessero scarcerato. Qualcuno ha pure giurato di avere visto la potente arma custodita da uno zio di Domicoli in campagna.

Accanto al gruppi dei Rinzivillo si muoveva quello degli Emmanuello alla cui guida ci sarebbe Crocifisso Di Gennaro, spalleggiato da Alessandro Pellegrino e Manuel Ieva. Di Gennaro, nipote del boss Vincenzo Morso, ha un curriculum criminale che inizia quando era ancora minorenne. Dal 2018, così’ hanno ricostruito i poliziotti della squadra mobile agli ordini di Antonino Ciavola si trovava agli arresti domiciliari a Savona in Liguria per droga. Di tanto in tanto, però, tornava a Gela dove avrebbe conquistato prestigio e potere.


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