I dati sulle cure garantite ai cittadini certificano 10 anni di diseguaglianze regionali in sanità, ed evidenziano ancora una volta la spaccatura tra Nord e Sud nel nostro Paese. Tra le Regioni che hanno assicurato le prestazioni sanitarie ai propri cittadini, in un decennio, in testa c’è l’Emilia Romagna mentre tra le prime dieci non compare nessuna Regione del Sud. A tracciare il quadro il Report dell’Osservatorio Gimbe ‘Livelli essenziali di assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità’, che analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del ministero della Salute relativi al periodo 2010-2019, ultimo dato disponibile.
La classifica
È l’Emilia Romagna la regione in testa alla classifica di Fondazione Gimbe per l’erogazione delle prestazioni garantite dai Livelli essenziali di assistenza, la condizione minima di assistenza che dovrebbe essere erogata in tutta Italia nello stesso modo, e che invece continua a registrare profonde differenze. All’ultimo posto la Sardegna. La Fondazione Gimbe ha pubblicato un nuovo rapporto che analizza dieci anni (dal 2010 al 2019) di risultati della cosiddetta “griglia Lea”, il metodo con il quale il ministero della Salute monitora l’offerta sanitaria delle Regioni ai cittadini attraverso un gruppo di indicatori. Una vera e propria pagella per la sanità, ha spiegato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE “che permette di identificare Regioni promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e bocciate (inadempienti)”.
Le regioni promosse (adempienti)
La regione Emilia Romagna riesce a garantire il 93,4% degli adempimenti da parte delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, mentre in coda spicca la Sardegna che ne garantisce poco meno della meta’, il 56,3% esattamente. Tra le prime 10 Regioni anche Toscana (91,3%), Veneto (89,1%), Piemonte (87,6%), Lombardia (87,4%), Umbria (85,9%), Marche (84,1%), Liguria (82,8%), Friuli Venezia-Giulia (81,5%) e Trento (78,8%). Agli ultimi 6 posti, oltre alla Sardegna, Bolzano (57,6%), Campania (58,2%), Calabria (59,9%), Valle d’Aosta (63,8%) e Puglia (67,5%).
Le regioni bocciate (inadempienti)
La sanità italiana conferma quindi molte disparità e anche secondo il Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), il metodo per il monitoraggio dell’adempimento ai Lea (Livelli essenziali di assistenza) testato in via sperimentale per il 2019, ben 6 Regioni risultano inadempienti: la Calabria non raggiunge il punteggio minimo in nessuna delle tre aree; la Provincia autonoma di Bolzano in due aree e Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Sicilia in una sola area. Anche se il Nsg non prevede il calcolo di un punteggio totale per valutare gli adempimenti, sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree emerge una classifica simile a quella ottenuta con la Griglia LEA, dove la Regione Emilia-Romagna si conferma in prima posizione.
Cartabellotta: “Cap di residenza rischia di condizionare salute”
“Senza una nuova stagione di collaborazione tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei Lea – spiega il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – diseguaglianze regionali e mobilità sanitaria continueranno a farla da padrone e il Cap di residenza delle persone condizionerà il diritto alla tutela della salute”. Una situazione, rileva Gimbe nella sua analisi, “che stride con i princìpi di equità e universalismo del Servizio sanitario nazionale, recentemente ribaditi dal ministro Schillaci secondo cui è ‘prioritario il superamento delle diseguaglianze territoriali nell’offerta sanitaria’ affinché ‘tutti i cittadini abbiano le stesse opportunità, indipendentemente da dove sono nati o risiedono e dal loro reddito”.