"Gli diamo fuoco con la benzina"| Quell'uomo doveva morire - Live Sicilia

“Gli diamo fuoco con la benzina”| Quell’uomo doveva morire

Le parole intercettate di Alfonso Scalici, arrestato con l'accusa di mafia

PALERMO – “… lo devo andare ad ammazzare”, diceva Alfonso Scalici a Maurizio Conigliaro. Le microspie piazzate dai carabinieri del Gruppo Monreale e della compagnia di Partinico hanno registrato la collera di Scalici e la sua sete di vendetta. Ed è soprattutto alla luce di questi dialoghi che il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Amelia Luise hanno deciso di fermare Scalisi e Conigliaro.

I due, così ricostruiscono gli investigatori, nel 2018 avrebbero venduto un chilo di cocaina a Michele Giacalone, 30 anni, di Mazara del Vallo, dove fino a qualche tempo fa lavorava in una cooperativa di pescatori. Un affare da 45 mila, mai pagati da Giacalone.

E così si sarebbe attivato il recupero crediti. Scalici, originario di Balestrate, da ieri fermato con l’accusa di associazione mafiosa, avrebbe chiesto aiuto a Salvatore Montagna, pluripregiudicato per rapina e consuocero di Nicola Ingarao, reggente del mandamento di Porta Nuova, assassinato nel 2007 per decisione del boss di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo.

Il 30 dicembre scorso Scalici è andato a Marsala a casa di Riccardo Di Girolamo, detenuto agli arresti domiciliari per spaccio. Lo ha messo al corrente del suo piano: “… poi faccio passare un po’ di tempo e mi vado a levare questa spina dal dito… lo devo andare ad ammazzare… ultimamente con mio compare e un altro picciotto abbiamo pensato… ce l’andiamo a prendere ce lo mettiamo nel furgone ce ne andiamo verso Gallitello… ce ne andiamo verso Gallitello… ci buttiamo un bidone di benzina gli diamo fuoco… e prima che fanno il riconoscimento…”.

Il problema era che Scalici sentiva sul collo il fiato del grossista che gli aveva fornito la droga da vendere a Giacalone e che non era stato ancora pagato: “… sono 45.000 euro… 45.000 euro sempre glieli devo tornare a quello… e dico: ma questo vero è venuto da me e mi ha fottuto un chilo di coca?…”.

Scalici chiedeva a Giacalone di indicargli qualcuno che potesse avvicinare Giacalone: “… se tu conosci qualche amico buono… gli facciamo il regalo buono… perché tanto… ti puoi avanzare con lui non ti preoccupare gli dici “.

Da una conversazione intercettata il 9 gennaio scorso emergeva che Di Girolamo probabilmente aveva fatto giungere un ultimatum a Giacalone: “… dice… ma ora sta facendo due anni. Non è che sono 100 euro o 1000 euro. Gliel’ha detto l’amico nostro che già pazienza ne abbiamo avuta tanta… ma questo che lo è andato a trovare… un amico mio… che lui… per dire… lo rispetta, hai capito?’”.

Il 22 gennaio scorso Scalici chiamava Montagna “per andare là”. Montagna gli riconosceva l’autorità per prendere la decisione finale. Non volevano più ucciderlo, ma ferirlo: “Se tu la vuoi fare… noi dobbiamo acchiappare al ragazzino e gli spariamo alle gambe e basta… basta che mi dai un ferro a me ed un ragazzo che mi guida una moto e gli tiriamo di sopra.. per me ci possiamo andare… se tu vuoi io ci vado a parlare di nuovo ma secondo me è tempo perso… gli spariamo alle gambe e ce ne liberiamo… l’unica è questa”.

Ed è anche per stoppare ogni cattiva intenzione che è stato dispoto il fermo di Scalici, in passato processato ma assolto dalle accuse di omicidio e mafia, e recentemente condannato in primo grado per detenzione di una pistola clandestina.


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