PALERMO – Una lunga chiacchierata nella sua Palermo con il neo sindaco Leoluca Orlando, che da giorni lavora alla costruzione di un “campo largo” del centrosinistra per le Regionali, poi la decisione di diramare una nota attraverso cui sottolineare i “doveri istituzionali” che gli “impongono” di svolgere il suo ruolo di presidente del Senato “finché necessario”. Un passaggio cruciale, quest’ultimo, per comprendere che il no di Piero Grasso alla candidatura per la presidenza della Regione non sia definitivo. Fonti informate sottolineano come nella mente del presidente del Senato ci sia soprattutto “l’attenzione a un momento delicato della fase politica del Paese”. L’ipotesi Grasso era nata in un quadro nazionale che vedeva l’approssimarsi delle elezioni per il rinnovo di Camera e Senato, che avrebbero così anticipato le Regionali del 5 novembre consentendo all’ex procuratore di Palermo di presentarsi ai nastri di partenza della corsa per Palazzo d’Orleans. L’arenarsi di quella ipotesi ha cambiato gli scenari. All’orizzonte adesso ci sono due ostacoli come la legge elettorale, già naufragata una volta alla Camera, e la manovra autunnale: appuntamenti decisivi per il futuro dell’Italia. Ai piani alti di Palazzo Madama non sono passati inosservati i 144 voti con cui il Senato ha dato il via libera recentemente alla manovrina per la messa in sicurezza dei conti: un numero che non lascia del tutto tranquille le acque in cui il governo Gentiloni navigherà in autunno, quando bisognerà affrontare anche il nodo di una legge elettorale che renda omogenei i sistemi di elezione per Camera e Senato.
Conti pubblici e legge elettorale, dunque, sono due elementi di quello scenario che al momento induce Grasso a declinare l’invito spiegando che le “condizioni attuali” rendono difficile il prosieguo del ragionamento iniziato dal Pd regionale e nazionale. La discesa nell’agone siciliano comporterebbe le dimissioni da presidente del Senato: una decisione che Grasso al momento ha deciso di accantonare in virtù dell’avvicinarsi di quello che da Roma definiscono “un tornante difficile della legislatura”. La “delicatezza del ruolo” che attualmente ricopre ha imposto all’ex procuratore di Palermo una “seria valutazione” sul costo istituzionale di un gesto come le dimissioni, che in questo momento sarebbe “troppo alto” per il Paese. Per Grasso un dilemma istituzionale che “per ora”, come affermato in una uscita pubblica a Catanzaro, ha una risposta negativa.
Il ragionamento di Grasso è stato accolto con “massimo rispetto” nel Pd siciliano che tuttavia non ha perso le speranze di potere ancora convincere il presidente del Senato, qualora le condizioni a Roma dovessero cambiare. Da fonti del partito, inoltre, emerge il malessere nei confronti di alcuni “notabili” locali che nelle ultime ore avrebbero ostacolato l’ipotesi Grasso a Palazzo d’Orleans. Ingerenze figlie di quelle precondizioni fatte filtrare da Palazzo Madama per rendere possibile un ragionamento sulla candidatura per Palazzo d’Orleans e che erano già state anticipate da Livesicilia: pieno controllo sulla qualità delle liste da portare avanti in parallelo con una proposta di rinnovamento della classe politica siciliana di centrosinistra. Segnali accolti con freddezza da qualche big locale, che avrebbe così “remato contro” l’ipotesi in campo. Anche questa controffensiva non è passata inosservata a Palazzo Madama, dove tuttavia in queste ore si continua a ragionare in termini di “opportunità per il Paese”.