“Nonostante né io né i miei difensori abbiamo, ad oggi, ricevuto alcun avviso di deposito della motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Palermo, nel processo a mio carico per riciclaggio e intestazione fittizia di beni, leggo su alcuni quotidiani stralci del verdetto con toni e ricostruzioni di tipo ‘vanziniano'”.
Lo dice Massimo Ciancimino, commentando alcuni estratti della motivazione della sentenza con cui la corte d’appello, il 30 dicembre scorso, riducendo la pena decisa dal tribunale, l’ha condannato a 3 anni e 4 mesi per il riciclaggio del “tesoro” del padre, l’ex sindaco mafioso di Palermo. “Il provvedimento non è ancora disponibile in cancelleria – aggiunge”. Secondo quanto pubblicato su alcuni quotidiani, i giudici ritengono che il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, “é un soggetto certamente intenzionato a salvare una parte di quella ricchezza (in altra parte dissolta in spese consumistiche, abbandonandosi a lussi sfrenati) così tanto agognata e vista sfuggire sul filo di lana”. Nelle motivazioni si scrive che Ciancimino, che sta raccontando ai magistrati della trattativa tra Stato e mafia, avrebbe “mezze
ammissioni”. Il testimone viene inoltre definito “personaggio enigmatico”.
“Non può negarsi – si legge ancora nelle motivazioni, come riportate dai giornali – che Ciancimino a più riprese e
soprattutto nella fase d’appello ha espresso un suo personale contributo chiarificatore della complessa vicenda, anche se tale contributo si è rivelato parziale”.
Secondo la corte, infine, “Ciancimino è un soggetto che è apparso desideroso di vivere da protagonista il suo tempo
attuale in modo diverso dal passato del padre, in grado di gestire ricchezze enormi e vedere scorrere accanto a sé pagine
della storia palermitana dei poteri occulti muovendosi con estrema abilità per il mantenimento dello status quo”.
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