CATANIA – Da qualche giorno quella bottega di via Garibaldi era stata svuotata dalle centinaia di biciclette che, da sempre, erano lì ammassate per essere riparate. Forse Giuseppe Longo aveva pianificato, per tempo – questo è ancora soltanto un sospetto – l’epilogo silenzioso di una vita fatta di lavoro e solitudine. Forse è stato solo vittima di un malore e di una fuga di gas, vittima di un’esplosione maledetta che ha travolto i due vigili del fuoco Dario Ambiamonte e Giorgio Grammatico. Forse, però, questa tragedia ne nasconde un’altra: il rischio che i vigili del fuoco, chiamati per una fuga di gas, abbiano sbagliato qualcosa durante l’intervento. La Procura di Catania guidata da Carmelo Zuccaro sta verificando se la scintilla fatale, che ha provocato l’esplosione, possa essere stata provocata da un “utensile” col quale i vigili del fuoco avrebbero tentato di aprire la porta a vetro di via Garibaldi, sottovalutando la saturazione da gas.
Tragedia nella tragedia, perché all’ospedale Garibaldi ci sono due vigili del fuoco sopravvissuti, il primo, Giuseppe Cannavò, in sedazione neurologica e il secondo, Marcello Tavormina, in gravi condizioni, che è indagato per disastro colposo e omicidio colposo plurimo, per la morte dei suoi colleghi: era il caposquadra di quel soccorso finito in tragedia. Tavormina è responsabile delle azioni dei suoi uomini.
Riavvolgiamo il nastro delle notizie ancora frammentarie e torniamo agli ultimi giorni di Giuseppe Longo, il biciclettista, proprietario della bottega di via Garibaldi. Ecco qualche testimonianza che andrà poi valutata. “Da alcuni giorni – racconta Alessandro Giacomo Fangano – non c’erano più tutte quelle biciclette ammassate, le aveva date via, non so se vendute”. Lo conoscevano tutti, “era una brava persona – afferma una pensionata che lo conosceva di vista – quando passavo di qui lo salutavo e lui rispondeva”. Eppure, in quell’esistenza consumata lavorando potrebbe essere accaduto qualcosa di improvviso, secondo rincorrono le ricostruzioni di alcuni testimoni, al momento senza un riscontro oggettivo.
LA CHIAMATA – I vigili del fuoco vengono chiamati perché la puzza del gas si era diffusa nelle abitazioni limitrofe. Nella bottega del signor Longo, dopo l’esplosione, ci sono 11 bombole, una stufa a gas e pare che lui fosse sdraiato al momento dell’arrivo dei pompieri: si era accasciato dopo un malore e il gas della stufa aveva saturato l’ambiente o, forse, si era suicidato con il gas?
IL TESTIMONE – C’è una testimonianza, però, a suffragare l’ipotesi del possibile errore dei vigili del fuoco, è quella di Felice Lizio, che ha raccontato di avere visto un pompiere intervenuto “usare un arnese per tagliare il lucchetto della seconda porta dell’abitazione”. Abbiamo analizzato la foto della porta della bottega prima dell’esplosione, ha un lucchetto blindato, che non può essere tagliato con alcun tipo di cesoia, cioè senza fare scintille. L’unico modo possibile, sembra, l’utilizzo di un flex a scoppio. Un flex che produce scintille, visto da più testimoni, alcuni dei quali ne hanno sentito anche il rumore. “Mi sento un miracolato – racconta Lizio – di quegli istanti terribili non ricordo tanto il boato, quanto l’onda d’urto che ha sbalzato i vigili del fuoco”. E’ stato lui a lanciare l’allarme e a chiamare i soccorsi dopo avere sentito l’odore di gas provenire dalla bottega di Giuseppe Longo.
“I pompieri erano in cinque, sono arrivati subito – ricorda – hanno fatto un primo sopralluogo in via Garibaldi, poi si sono spostati in via Sacchero, nella seconda uscita dell’appartamento sventrato; hanno visto una flebile luce e, immaginando che l’anziano si fosse sentito male, hanno effettuato un sondaggio con un attrezzo per valutare il grado di saturazione. La stanza era satura di gas, a questo punto – chiosa – si sono spostati nella parte dell’immobile in via Garibaldi e uno ha afferrato un arnese per tagliare il lucchetto della porta di ferro del negozio di bici. Poi l’esplosione…”. Interrogativi tutti da chiarire, che rendono ancora più amara questa tragedia che ha scosso Catania, mentre in via Garibaldi, all’angolo con via Sacchero, l’odore acre del bruciato difficilmente se ne andrà.